Sanremo buttato in politica

12 Febbraio 2019

Uno degli effetti della nascita di Margherita è che sono passato da un sostanziale digiuno televisivo avviato nel 1994 (!) a vedere la TV accesa praticamente full time in casa. L’idea di fondo è che sia l’unica fonte da cui possa sentire la lingua italiana; l’effetto collaterale è che ormai alcuni episodi dei cartoni li conosco a memoria. Molto molto raramente la TV non trasmette cartoni: ogni tanto sintonizzo Deejay TV o VH1 così io e Margherita sentiamo la musica; la scorsa settimana Eva ha visto qualche ora del Festival di Sanremo 2019, così mi sono incuriosito anch’io.

Non che si riesca a sfuggire dal Festival pur cercando la musica su YouTube, come faccio abitualmente per trovare nuovi videoclip per il tumblelog. Per giorni ho trovato Ultimo in cima ai trend, con una canzone piuttosto banale. Ho iniziato così a guardare un paio di videoclip sanremesi al giorno, al ritorno in metropolitana verso casa: prima di tutto Ghemon e Motta, che erano sicuramente più vicini al mio gusto anche se non mi hanno convinto tantissimo; poi un mix degli altri, alternando presunti indie e gente che sul palco di Sanremo vive letteralmente da decenni.

Non ho ancora finito la rassegna, ma posso dire di non aver apprezzato la canzone di Silvestri, Rancore e Agnelli e ovviamente la solita serie di lagne strappacuore tipo Il Volo. Alcune canzoni come quella dei Boomdabash avranno sicuramente una forte diffusione radiofonica; altre, come quella di Nek, pensavo avessero più successo immediato ma sono finite in fondo alla classifica. Bisogna comunque ammettere che Baglioni ha avuto coraggio, portando sul palco oltre ai soliti reduci da talent show anche un po’ di musicisti che hanno séguito differenziato.

Fin qui, tutto sommato, si è parlato di musica. Ma sarà difficile ricordare Sanremo 2019 senza pensare alle infinite polemiche, dal forte connotato politico: Ultimo che si considera il vincitore sicuro perché “legittimato dal popolo”, ma soprattutto endorsato dal Vicepremier Salvini; Mahmood che sottolinea il suo essere italiano subito eletto nuovo leader della sinistra, pur con una canzone in cui esce un ritratto terribile dei padri marocchini; Bertè che insulta le élite che non l’hanno fatta arrivare sul podio, ma poi si scopre essere stata la prescelta della sala stampa.

Ormai tutto è buttato in politica, tutto deve essere scelto in base a ciò che decidono le masse, o quantomeno ciò che i politici ritengono o rappresentano come il loro sentimento. Si parla delle riserve auree come “oro del popolo”, si boccia la TAV “perché lo vuole la gente”, vengono adottati provvedimenti assurdi e si cerca di far passare il messaggio che sono scelte “dal basso”. Essere riusciti a buttare in caciara persino Sanremo non è un bel segno: la giuria degli esperti è stata tacciata di essere “di sinistra”, come se fosse un marchio indelebile, di cui vergognarsi.

L’esito notevole delle elezioni regionali in Abruzzo è che la Lega sia passata sostanzialmente da zero a essere il primo partito, con oltre 1/4 dei voti; probabilmente ormai questa è la situazione in tutta Italia, col Movimento 5 Stelle a fare da stampella temporanea fin quando non raggiungerà il 50%. Probabilmente non manca tanto, se un partito ormai riesce a dettare l’agenda culturale, persino quello delle canzonette: manca un’opposizione sensata e chiunque vorrà far pesare competenza e cultura farà l’ingloriosa fine della “giuria di qualità” di Sanremo.

La giostra dello stress

26 Gennaio 2019

Eva e Margherita sono tornate dall’India e sono felice; certo Eva è un po’ influenzata e sto cercando di aiutarla, almeno nel weekend. Margherita invece non mi considera proprio: sarà colpa dei primi mesi in contumacia, sarà colpa dei cambi di contesto (casa dei nonni paterni/casa a Pero/casa dei nonni materni/casa a Pero), ma mi guarda come un estraneo. Anzi, piange e cerca riparo dalla madre.

Da novembre a oggi, sono stato travolto dai lavori di recupero del monolocale a Milano: da un lato per evitare di far danni a terzi con una casa abbandonata, dall’altro per cercare di recuperare i danni che i terzi hanno fatto a me e trasformarla da problema a investimento. Ho speso migliaia di Euro e sono al punto di partenza: ieri è entrato l’inquilino e mi sta bombardando di messaggi su nuovi guai.

A proposito di case: ho ricevuto i conteggi annuali delle spese condominiali 2018-2019. Quelle di Milano sono alte, perché ci sono molti lavori in corso; per quelle di Pero, vista la cifra significativa ho rivisto la lista dei costi e trovato degli errori. Ho scritto all’amministratore e ora sono in attesa; la somma delle due case arriva a diverse mensilità di stipendio e onestamente mi domando chi me la fa fare.

Al lavoro il progettone su cui sono arrivato a fine settembre ha preso una piega ulteriormente confusa. Non c’è grande feeling col cliente, ci sono troppe società del nostro gruppo con interessi divergenti, ci sono società di consulenza terze che ci aspettano al varco giorno per giorno. Nel frattempo non riesco a seguire i prospect come dovrei, quindi il 2019 è già storto a gennaio e non so cosa sperare.

Non che non arrivino proposte da altre società. Un paio di CV all’anno li mando io quando vedo online posizioni davvero interessanti; per la maggior parte sono gli head hunter a chiamare me. Scorsa settimana ho fatto i colloqui avanzati con il top management di una società bolognese (padre e due figli); ipotesi stimolante, ma prospettive di budget enormi, per cui non so se dovrei accettare il “corteggiamento”.

Devo fare un po’ di biglietti ferroviari/aerei per i prossimi mesi, cercando l’equilibrio tra la voglia di vedere la famiglia sparsa in giro per l’Italia, la necessità dei miei genitori di godersi la nipotina, le esigenze di Eva, la complessità di andare in giro con Margherita, la mia voglia di fare qualche giorno di ferie dopo mesi e mesi. Nel frattempo devo andare a recuperare il passeggino, rimasto l’altro giorno a Malpensa.

Di post come questo su questo blog ne ho scritti diversi: prendo a estrazione il primo che mi restituisce il motore di ricerca e ritrovo grandi classici come i problemi della caldaia di Milano o le cure dal dentista (ancora in corso anche se spero meno traumatiche di quanto viste in questi anni). In alcuni casi è stata colpa mia, che ho trascinato alcune situazioni per mancanza di tempo; in altri è cresciuta la complessità.

Ieri sera mi sono rigirato nel letto per ore cercando piccole e grandi soluzioni ai miei piccoli e grandi problemi. Come in una giostra, i problemi si rincorrevano e ogni cavallo aveva la faccia, il nome di uno dei miei interlocutori che aspettano qualcosa da me. La consolazione è sempre “pensa se avessi problemi più seri”, ma non è un granché, soprattutto di notte. Vado a dormire, giostra permettendo.

Quarant’anni infuocati

22 Dicembre 2018

Come molti altri italiani, ho scoperto il concetto di “Fire” un mesetto fa, quando Paola De Carolis ha scritto un articolo su Corriere.it a proposito del diffondersi di questa sorta di moda anche in Gran Bretagna. Negli Stati Uniti in realtà l’idea del «Financial Independence, Retire Early» va avanti da anni, con forti sostenitori e specialisti che incoraggiano in senso contrario.

Tra i racconti degli entusiasti, spicca la possibilità di condurre una vita decente senza dover aspettare la pensione, potendo contribuire alla crescita dei propri figli e in generale prendendosi cura della propria famiglia; si parla di quarantenni (o anche meno) distrutti dal lavoro, rifioriti nell’affrontare con serenità una vita in provincia, senza lo stress delle grandi città.

I punti di attenzione messi sull’altro piatto della bilancia sono abbastanza pragmatici: non è banalissimo definire quale sarà l’ammontare reale di denaro necessario a sopravvivere per decenni, pur avendo messo qualche centinaio di migliaia di dollari da parte. Il classico problema sono le potenziali spese mediche, che specie negli Stati Uniti possono essere enormi.

Oggi compio 40 anni e questo pensiero mi solletica sempre di più. Il recente ritorno alla vita super-stressante e la contemporanea assenza di Eva mi hanno fatto riflettere su quale deve o può essere l’evoluzione della mia vita nei prossimi anni. Sono fisicamente e psicologicamente stanco e di fatto non riesco nemmeno a vedere Margherita crescere, mentre sono al lavoro.

I genitori (sia miei che di Eva) lontani fanno il resto, facendomi dubitare su quale sia davvero il vantaggio di guadagnare qualche migliaio di Euro l’anno, tolte le spese per (soprav)vivere nel mezzo del nulla, passando decine di ore la settimana in uffici angusti a compiere lavori inconsistenti. Un po’ di fuoco forse farebbe bene alla mia vita, nel medio se non nel breve periodo.

Passeggiando di buona lena

25 Novembre 2018

Qualche anno fa andava di moda la gamification; una delle mie migliori collaboratrici aveva anche fatto la tesi di laurea sul tema e le brillavano gli occhi quando ne parlava. Poi, onestamente, di declinazioni efficaci in ambiente business se ne sono viste poche: sia nella sua anima più sempliciotta (“fai questo e vincerai un badge digitale sul tuo profilo”) che in quella più stressante (“partecipa alla competizione X e vinci premi Y”).

Nella vita quotidiana qualche piccolo utilizzo l’ho visto: ad esempio i badge per i traduttori su Facebook oppure il tracciamento delle attività sportive sulle app. Non ci ho mai pensato tanto, sino a quando mi sono trovato coinvolto, più o meno volontariamente, nel “grande gioco” di Samsung Health. Che prima ha iniziato a misurare e “premiare” i miei passi, poi ha iniziato a confrontarli con quelli di familiari e gruppi demografici similari.

Top 8%!

Lo step successivo, qui davvero in pieno spirito di gamification, è stato lanciare delle “sfide” mensili: 200.000 passi (con step intermedi) per ottenere badge e ranking in una competizione globale. Onestamente di stelline e animaletti mi è sempre interessato poco; ma 200.000 passi vogliono dire una media tra i 6.000 e i 7.000 passi al giorno, livello meno sfidante di quello di default, posto a 10.000, raggiunto meno frequentemente.

Sin da quando ho iniziato a partecipare a queste “gare”, ho sempre fatto i 200.000 passi; in alcuni mesi tipo lo scorso maggio, in pieno delirio da trasloco, superando i 315.000; in altri forzandomi un po’. Ed è forse stato questo il cambiamento principale: in altri periodi della mia vita chi me l’avrebbe fatta fare a camminare più del necessario? E oggi, comunque, chi me la fa fare se non l’idea di fare micro-attività fisica ogni singolo giorno?

Quindi, più che l’app di per sé, è stata la consapevolezza di poter dare delle mini-scosse a una vita davvero sedentaria. Certo, come ricorderà chi leggeva i miei commenti alle scarpe Geox o alle MBT, camminavo già parecchio prima, ma sempre con le scarpe sbagliate, troppo eleganti per fare i chilometri: ora i miei piedi sono abbastanza maltrattati e aspetto i weekend per stare senza scarpe, ma questo vuol dire camminare di più in settimana.

La rana bollita del Movimento 5 Stelle

30 Ottobre 2018

C’è una senatrice del Movimento 5 Stelle che, Carneade fino a pochi anni fa, in questi anni ha iniziato a ottenere visibilità: il suo picco è stato probabilmente lo scorso anno, quando era arrivata seconda alle primarie del partito, dietro Luigi Di Maio. Se quest’ultimo era ed è un nome calato dall’alto e di evidenti tendenze destrorse, teoricamente costei dovrebbe rappresentare la vecchia anima del partito, un tempo più vicino alla sinistra.

Elena Fattori ha nei mesi “alzato la testa” e ha costruito un posizionamento di alternativa, sia in Senato che sui media, come ad esempio nel suo blog personale sull’edizione italiana dell’Huffington Post. Proprio là ieri ha pubblicato un articolo in cui riprende l’ormai logora metafora della rana bollita, già utilizzata dal suo sodale Alessandro Di Battista, applicandola alla svolta fascistella del suo partito in combutta con la Lega Nord.

A me onestamente dispiace vedere il movimento fondato da Beppe Grillo in queste condizioni. Ovviamente è il primo partito italiano e lo rimarrà a lungo: incarna alla perfezione il populismo medio che già fu del Pentapartito. Ma quanto è lontano rispetto agli ideali, penso sinceri, di molti dei suoi attivisti della prima ora: per loro fortuna, le persone migliori come Federico Pizzarotti hanno lasciato o sono state mandate via ormai tempo fa.

Sono un europeista convinto, quindi non avrei comunque votato il M5S ai tempo del fervore “No Euro”; ma adesso, messo alla prova del governo nazionale, lo voterei anche meno sia per l’imbarazzante qualità professionale dei suoi politici, sia per scelte drammaticamente sbagliate come il reddito di cittadinanza, che di fatto diventerà un gettone utilizzato per il voto di scambio nelle regioni più povere del Paese. Peggio della flat tax leghista.

Tra pochi mesi si terranno le elezioni europee e io sarò di nuovo nelle condizioni delle politiche dello scorso anno. Vedere la rana del cambiamento bollire nell’acqua della mediocrità non mi incoraggia a sperare in nuove posizioni politiche più vicine ai miei ideali. Probabilmente Matteo Salvini sfonderà ulteriormente, con terrore per mia figlia: anche se ora i leghisti fanno gli splendidi coi meridionali, ho sposato un’extracomunitaria.