Questo indulto non mi piace

30 Luglio 2006

Sui giornali si rincorrono i riferimenti a Giovanni Paolo II come padre spirituale dell’indulto al varo da parte di una variegatissima maggioranza parlamentare che include non solo tutti i partiti centristi e di finta-sinistra, ma anche insospettabili rappresentanti di un sentimento comune di benevolenza verso i detenuti che però trascina con sé anche troppi regali a chi non li merita. L’idea amorevole dell’ex-Papa sembra essere stata tramortita da troppi interessi di parte.

Sembrerebbe che in questa mia posizione critica non sia solo: il popolo del centrosinistra si ribella all’idea che corruttori ed altra gentaglia escano di prigione o addirittura non vi entrino proprio, grazie allo sconto già  previsto per chi verrà  processato nei prossimi mesi. Non voglio entrare nel merito del diritto ad una vita decente per i 20.000 che usufruiranno della libertà , anzi: è sicuramente bello immaginare delle persone libere di vivere decentemente invece che dentro gabbie sovraffollate.

Quello che non va, per riprendere i contenuti dell’intervista del buon Marzio Barbagli sul Corriere di oggi, è che come al solito i politici non si degnano di risolvere i problemi, ma improvvisano cerotti populistici: stavolta non è un condono berlusconiano ma un indulto mastelliano, però l’approccio è lo stesso. Non riuscendo a punire chi ha commesso reati, li si annulla in cambio di una pena (in termini di denaro o in questo caso di giorni uomo) minima rispetto all’originale.

Sarebbe magnifico immaginare un mondo senza crimini: ma chi li compie deve essere punito, altrimenti si perde la certezza del dirito. Si costruiscono case sperando nel condono edilizio, si evadono le tasse mettendo in conto il solito concordato fiscale, si compiono reati contro la Pubblica Amministrazione immaginando il consueto condono periodico. Oppure, si è onesti sino in fondo: che è sempre moralmente edificante, ma dannatamente difficile in un mondo di furbi.

Si fa presto a dire “consulente”

14 Luglio 2006

Un tempo erano i pubblicitari ad avere qualche problema a discutere col mondo i dettagli della loro professione: ora è la maggior parte dei liberi professionisti a doversi arrampicare sugli specchi quando si tratta di spiegare ai propri parenti di cosa ci si occupa. Orde di mamme vagano ad occhi bassi per non incontrare altre sfortunate genitrici di laureati – masterizzati – dottorati che si trincerano dietro etichette da un lato oscure, dall’altro onnicomprensive come “marketer“, “SEO” o “consulente“, buona per tutte le stagioni.

D’altra parte, chi per scelta (vedi il sottoscritto), chi per necessità  (vedi i milioni di precari italiani), si è in tanti ad essere consulenti anche dal punto di vista amministrativo, oltre che contenutistico. Nel mio caso, però, è proprio quest’ultimo aspetto il più complicato da esprimere: per questo motivo, mi sono deciso a riepilogare un po’ di attività  (pi che di ruoli) svolti negli ultimi dieci anni di lavoro, rigorosamente in ordine alfabetico, in modo da non porre l’accento su quelle più frequenti o su quelle preferite…

  • Account management
  • Amministrazione e moderazione di comunità  virtuali
  • Analisi funzionale e raccolta user / business requirements
  • Analisi organizzativa e ridisegno di processi aziendali
  • Analisi tecnica e redazione specifiche tecnico – funzionali
  • Coordinamento della sicurezza di eventi
  • Copywriting e Webediting
  • Disegno e realizzazione di basi di dati relazionali
  • Gestione di team di sviluppo applicativi
  • Organizzazione di eventi musicali
  • Partnership building
  • PMO
  • Pianificazione e negoziazione di campagne sui Media
  • Preparazione di guide per gli utenti e test case per le fasi di test
  • Produzione reportistica e cruscotti di controllo per l’Alta Direzione
  • Redazione di articoli ed R&D
  • Supporto alla gestione delle Risorse Umane e delle Relazioni sindacali
  • Webmarketing ed Interactive marketing
  • Webdesign e Webmastering

A dire il vero, ci sono molte altre attività  di cui ho volontariamente “dimenticato” di scrivere. Come è facile immaginare, sarebbe difficile provare a scrivere di queste attività  su un curriculum o discuterne con un potenziale cliente / datore di lavoro: forse questo è il motivo per cui alla fine si dice “consulente” e si pensa che questo basti ed avanzi. Chissà  quali altre attività  svolgerò nei prossimi anni: chissà  cosa scriverò sulla mia carta d’identità  al posto di “consulente aziendale”.