La notte porta consiglio (ma non sbadiglio)
29 Dicembre 2006A me dormire piace. Sul serio, amo dormire bene e possibilmente anche tanto, cosa che ovviamente non avviene mai per evidenti vincoli lavorativi. Certo, ho il vizio, sin da bambino, di non voler mai andare a dormire: la vita va vissuta sino in fondo e così cerco di vivere ogni giorno sino al secondo prima del quale cado stremato sul letto, dove probabilmente stavo lavorando sul PC. Questo teatrino quotidiano va avanti da una decina di anni e devo dire che le cose non sono cambiate granché tra vita universitaria e vita lavorativa. La differenza principale è che ai tempi dell’Università riuscivo a lavorare di notte e studiare di giorno, oggi lavoro così tanto di giorno che non riesco a fare altro la notte.
Questo è un problema. La mia bassa qualità della vita, paradossalmente, si riconosce dal fatto di non fare altro che lavorare, pensare al lavoro, vivere per il lavoro. Così, in giornate come queste, in cui aspetto l’avvio di un nuovo contratto temporaneo per i primi mesi del 2007 e perciò vivo delle piacevoli “vacanze” in famiglia, vorrei fare milioni di cose ma tendenzialmente non riesco a fare assolutamente nulla, tranne mangiare benissimo e dormire malissimo. I problemi del sonno, tanto per cambiare, derivano ancora una volta dal lavoro: con la famosa società di consulenza ormai siamo ad un punto di svolta e così le mie notti sono tormentate. Stanotte è il culmine, visto che il mio cervellino frulla così tanto da non farmi dormire.
Ci sono degli aspetti che accomunano un film strappalacrime come Quando meno te l’aspetti ed il tentativo non esattamente riuscito del solitamente geniale Kevin Smith di produrre un polpettone hollywoodiano, Jersey Girl: ciò che rimane in testa non è tanto il fatto che entrambi i protagonisti diventino genitori loro malgrado a causa della morte dei loro cari, quanto i percorsi di auto-distruzione professionale e l’esaltazione della vita semi-rupestre che i due protagonisti, Kate Hudson e Ben Affleck, si ritrovano a fare. Stanotte penso a loro e mi domando se prima o poi farò la stessa fine: per ora, prima che qualcun altro mi incaselli in una cornice non mia, prendo i bagagli e scappo via (il che fa rima). Se vita rupestre deve essere, almeno che sia una mia scelta: se da un investimento non ci si aspetta prospettive di crescita, bisogna avere il coraggio di uscirne quando si è all’apice.
Vado indietro nel tempo, sino alla mia prima notte insonne sulla Cuccia: era ottobre 2001 e vagavo insoddisfatto sulla Rete per dare forma ad un’idea imprenditoriale che non mi voleva mollare. Poi rileggo il post di marzo 2005 sull’apertura di lacuccia.org: tanto per cambiare, noto che ho sedato il mio Sturm und Drang con l’avvio di una nuova attività sul Web. Lo so, non riesco a stare fermo: ma come si diceva in Chocolat (non nel blog della mia cara Jeanette, proprio nel film con Juliette Binoche):
«But still the clever north wind was not satisfied. It spoke to Vianne of towns yet to be visited, friends in need yet to be discovered, battles yet to be fought…»
Per la cronaca, il dominio della mia vecchia idea ripescata dal ripostiglio della mia mente per sedare la mia ansia notturna, per ora è libero, almeno in versione .it. Ed ora, non sarebbe male dormire un po’: per quanto sia piacevole ricercare voli aerei ed ascoltare Go – The Very Best of Moby, ottimo regalo ricevuto a Natale, preferirei anche dormire un po’. Anche perché domani (ahem, oggi) è l’ultimo giorno di “ferie” prima della maratona Capodannesca, sperando di ricominciare a lavorare già con l’inizio della prossima settimana, sempre a Bergamo. Si preannunciano un paio di mesi difficili: ma sono quelli in cui scoprirò come evolverà la mia vita.