Dove dormo stanotte?

28 Aprile 2007

Il dubbio lo avevo già 24 ore fa: andando a letto, mi domandavo dove avrei passato questa notte tra venerdì e sabato. Le alternative distavano più di mille kilometri: Bergamo, qualora il cliente avesse continuato ad insistere nel volere a tutti i costi la nostra presenza anche sabato e domenica; Lamezia Terme, nel caso fossi riuscito a prendere l’aereo Milano Linate – Lamezia via Roma Fiumicino di oggi (ieri, ormai) pomeriggio. Ipotesi molto concreta la prima: visto che i consulenti notoriamente sono carne da macello, non esistono sabati, domeniche o pontidelprimomaggio. Ipotesi molto importante la seconda: obiettivo del week-end in Calabria, la redazione del 730 per la dichiarazione dei redditi 2006.

Passata l’ora di pranzo (saltato, ovviamente) ho assaporato la possibilità che, grazie ai ritardi di alcuni uffici del cliente, il nostro week-end di lavoro sarebbe stato inutile: sono letteralmente scappato a Milano, col treno. Un salto in ufficio a prendere il CUD e via verso Milano Linate, conscio di aver dato una risposta alla mia domanda: stanotte avrei potuto dormire con i miei genitori. La fila infinita al check-in, tuttavia, avrebbe dovuto ricordarmi che a me le cose facili non piacciono o, quantomeno, non capitano mai. Il rifiuto all’accettazione con rimbalzo sull’aereo successivo, poi, avrebbe dovuto farmi capire che il letto di casa era a rischio.

Tuttavia, ero ancora ottimista. Sebbene con un lasso di tempo microscopico, potevo ancora sperare di beccare la coincidenza a Fiumicino: pensieri simili, probabilmente, a quelli dell’altra ventina (!) di persone in lista di attesa. L’ennesimo rimbalzo, però, ha riaperto il dubbio: stanotte avrei dormito davvero in Calabria, o sarei dovuto tornare a Bergamo, o sarei stato ospite Alitalia a Milano? E se per caso fossi riuscito ad imbarcarmi per Roma e poi non avessi trovato coincidenze, avrei dormito là? Quattro alternative, con gradi diversi di comodità, di costo e di tempo sprecato. Tuttavia, quattro alternative soddisfacenti.

Quando la signorina della SEA mi ha tolto definitivamente dalla lista di attesa per Roma (“Tanto c’era solo quel volo là ed ormai l’ha perso!”), non è saltata solo l’ipotesi nella Capitale: di fatto, ormai ero sicuro di non arrivare a Lamezia. Rimanevano solo le ipotesi lombarde, fino all’idea geniale della signorina di cui sopra: “Le faccio prendere l’aereo diretto per Reggio Calabria!”… Super-corsa giù all’imbarco del volo, ri-chiamata su al banco delle coincidenze, rinvio alla biglietteria SEA, rinvio alla biglietteria Alitalia, integrazione tariffaria, poi via per un altro controllo di sicurezza e di nuovo giù all’imbarco.

Una nuova opzione: dormire a Reggio Calabria e poi prendere un treno domattina per Lamezia Terme. Di fatto, l’unica opzione rimasta: accettabile, sebbene con la considerazione implicita di essere stato inutilmente a Linate per quattro ore per poi arrivare a casa con 12 ore di ritardo sul previsto. Peccato che, una volta arrivati a Reggio Calabria, ho avuto la sorpresa peggiore della giornata (le altre non erano bastate): nessun taxi, nessun autobus, nessun albergo, nessun autonoleggio, niente cibo. Il rappresentante Alitalia in seria difficoltà mi segnala di non aver ricevuto comunicazioni da Milano: visibilmente imbarazzato, mi suggerisce di dormire in Aeroporto. In quel momento, mi cade dal cuore Linate ed il suo personale.

In questo momento sono seduto sulle sedie che si vedono nella foto

E così, ad un anno esatto dalla notte delle impalcature, un’altra notte strana, stavolta passata tra videopoker che continuano ad emettere suoni fastidiosi: 24 ore fa, tra le tante opzioni, non avrei mai creduto di finire in una città che non conosco, a scaricare fogli Excel di lavoro accanto ad un brasiliano che dorme per terra e tenuto d’occhio da tre poliziotti di età media 20 anni. Persino l’ipotesi (divertente) suggerita dal rappresentante Alitalia di farmi salire sul volo postale notturno Reggio Calabria – Lamezia Terme è sfumata: il tipo infatti è scappato via ed ovviamente gli operatori del cargo si guardano bene dall’assumersi simili responsabilità. Peccato, mi sarebbe piaciuto fare un voletto (quanto ci metterà un aereo per fare un centinaio di kilometri in linea d’aria?) tra un sacco postale ed un pacco!

Per essere intrappolato in questa situazione da The terminal devo ringraziare il cliente: naturalmente, se avessi potuto partire con calma e senza tutti i patemi d’animo di non sapere nemmeno al mattino dove dormire la notte dello stesso giorno, probabilmente avrei potuto prendere un altro volo o comunque scegliere una soluzione di viaggio meno pericolante. Ovviamente, mi aspettano diversi giorni di lavoro, fino al ritorno del primo maggio: non c’è vacanza per i consulenti. Sì, proprio loro, quelli che non sanno al mattino dove dormiranno la notte e poi finiscono a lavorare in un aeroporto desolato alle 3 del mattino. Senza dormire.

Vita sul Web 2.0

22 Aprile 2007

Immagine tratta da MarketingBlog.itIn questi anni il concetto di blog è cambiato profondamente: quando a cavallo di 2001 e 2002 dedicavo a questo fenomeno emergente oltreoceano qualche pagina della tesi sulle comunità virtuali, la Cuccia era nata da pochi mesi e pochi in Italia comprendevano il senso di un sito fatto da tanti “pensierini” di poche righe, in cui raccontare la propria vita ed annotare curiosità ed aneddoti appresi indifferentemente on line od off line. Al giorno d’oggi, come notava qualche settimana fa la mia saggia sorellina, ci sono blog iper-specializzati in tutte le discipline dello scibile da una parte e blog del tutto personali dall’altra: una dicotomia che si ampia ma che in sé riassume le due principali direttrici di sviluppo della Rete.

Ciò che accomuna i blog di entrambe le tipologie è il progressivo aumento di consistenza e profondità dei post: spesso a scapito della frequenza, oggi scriviamo filippiche che forse nessuno leggerà, a meno di sbadigli immani. La Cuccia non sfugge a questa regola involontaria, sebbene rispetto alla media dei blog abia un vizio di forma in più: a causa di notti e giorni in ufficio e week-end in giro per l’Italia, il ritmo d’aggiornamento è decisamente basso. Sebbene abbia cercato di pubblicare almeno un paio di post al mese, mi rendo conto di non fare molto onore alla categoria dei blogger. Potrei supplire lanciandomi in un costante flusso di microinformazioni su Twitter, ma direi che viste le mie giornate ciclostilate, non sarebbe molto avvincente. Eventualmente potrei cedere alle lusinghe di un Tumblelog.

Per ora, cerco di supplire alla mia asocialità virtuale cooperando come giurato dei Marketing blog Playoffs 2007: una bella iniziativa che cerca di individuare i migliori talenti nel settore dei blogger markettari junior. Operazione molto stile Web 2.0, chic & techie come tutte le iniziative che nascono e crescono grazie alla collaborazione su wiki e dintorni, BarCamp in primis. A tal proposito, sempre per ovviare alla mia scarsa possibilità di partecipazione alla vita in Rete, per ora mi sono iscritto al primo BarCamp che si terrà nella stessa città in cui sarò io quel giorno (coincidenza più unica che rara): si tratta del LitCamp di Torino del prossimo 12 maggio.

Il terzo tentativo di riprendere il lato sociale della vita virtuale, sta nella voglia di conoscere meglio Second Life: va bene che sono un consulente, ma vorrei smettere di parlare con i clienti di cose che non conosco (tipico atteggiamento consulenziale, appunto), almeno per quanto riguarda il mondo virtuale. Oggi (che è ormai il 22) proverò a dedicare qualche ora a questa “materializzazione virtuale” (?) di ciò che in fin dei conti faccio in Rete da 10 anni: conoscere nuove persone e scambiare storie.

In quest’ottica rientra anche l’ultima idea: ricominciare a scrivere più spesso sulla Cuccia. Se avessi scritto di tutte le idee che in questi anni mi son passati in testa, in questo momento La Cuccia conterrebbe migliaia di post: magari in futuro saranno meno interessanti, ma perché non prendersi qualche minuto per scriverle? In fin dei conti, potrei sempre azzeccare qualche argomento interessante per le 1.000 persone che ogni mese passano da qui…

Viva gli aerei

14 Aprile 2007

A me piace viaggiare: basti dire che alla visita di leva interpretai una delle domande del Minnesota Multiphasic Personality Inventory come “sono felice solo quando sono in viaggio” e finii dallo psicologo. Dieci anni dopo, uno dei maggiori motivi di malumore degli ultimi mesi è la relativa immobilità dopo il grande giro Padova-Auroville-Torino-Nizza-Torino-Roma-Milano-Bergamo degli ultimi anni. Mi piace non solo raggiungere nuovi posti (di questo devo essere grato a mio padre), ma anche il viaggio in sé: è bella la sensazione del decollo o vedere gli inconfondibili arbusti che circondano la stazione ferroviaria in cui c’è la mia famiglia ad aspettarmi. Non solo vacanze: il viaggio è un momento in cui tutto sembra essere sospeso, in cui si può lavorare in pace, leggere libri e giornali e come al solito osservare i vicini di posto per scoprire qualcosa delle loro vite.

Non amo invece le automobili: sarà per la chinetosi che mi accompagna sin da piccolo. Sull’aereo, invece, si sta proprio bene, a meno di non avere l’influenza. Spiega il sito di Cathay Pacific

«I seni sinosuidali sono cavità piene di aria che si trovano nelle ossa facciali e del cranio e sono collegate alla nasofaringe tramite piccole aperture. Se queste aperture sono ostruite da una congestione nasale nella fase di atterraggio ci possono essere dei dolori notevoli. Il metodo Valsalva può aiutare, ma è meglio non volare quando si ha una congestione nasale, un raffreddore di testa, febbre allergica o sinusite.»

Inutile dire che, da buon Fantozzi dei nostri tempi, i miei ultimi viaggi in aereo, una settimana fa, li ho fatti con un bel raffreddore: mi sembrava mi scoppiassero gli occhi, com’era successo per il viaggio Madras-Francoforte ai tempi del ritorno dall’India. Una brutta sensazione, anche perché notoriamente sono un fifone e non sopporto il dolore fisico; tra l’altro, direi che la manovra di Valsalva è un po’ impegnativa per essere eseguita in fase di atterraggio, imbragati dalla cintura di sicurezza. Andrà meglio a fine mese: dopo l’esperienza con AirOne di inizio aprile, stavolta torno ad Alitalia ed ai suoi scalcinati MD-80, i nipotini del famigerato DC-9 che ha segnato la storia italiana.

Contingenze influenzali a parte, viaggiare in aereo rimane una delle attività che mi rende più felice: quando passeggio in aeroporto mi sento un po’ Frank Abagnale Jr. nell’osservare le crew. Leggo divertito i consigli del buon Giusec, che di aerei ed aeroporti se ne intende e non mi faccio spaventare dai periodici incidenti che ogni tanto succedono anche dalle nostre parti. Se solo fossi stato più carino ed avessi imparato a nuotare, forse sarebbe stato bello lavorare ad alta quota. Per ora, devo accontentarmi di spiare l’affascinante mondo dell’aeronautica commerciale da cliente saltuario.