Fenomenologia del bancario (e del banchiere) italiano

28 Ottobre 2007

C’è un sogno inconfessabile per ogni bancario: diventare banchiere. Passare dall’inferno delle filiali al purgatorio degli uffici di direzione centrale e poi via, su verso l’empireo in cui oltre all’etichetta cambia sensibilmente la retribuzione: da qualche decina di migliaia di Euro all’anno (al massimo poche centinaia di migliaia per i top manager) a qualche decina di migliaia di Euro che un banchiere guadagna ogni giorno. La definizione stessa di “banchiere”, d’altronde, si è sensibilmente ampliata: non include più solo i “proprietari” delle banche (sempre più ad azionariato diffuso), ma anche amministratori delegati e presidenti, soprattutto per quanto riguarda i maggiori gruppi.

Nel travagliato (ed utopico) percorso dalla filiale al Consiglio di Amministrazione, ogni bancario riceve benefit che nessun’altra categoria professionale può vantare in Europa: se già il contratto collettivo nazionale è generoso e prevede la conservazione di privilegi che le altre categorie professionali non hanno più da tempo, la quasi totalità dei contratti integrativi aziendali, essendo frutto di difficili compromessi tra Gruppi e Sindacati, prevede “premi” a volte veramente significativi. Non solo il tipico bancario gode di assicurazioni sanitarie illimitate, insomma, ma tipicamente dopo ogni mega-fusione acquisisce i privilegi del contratto integrativo della controparte, se più vantaggioso, oppure mantiene i propri, tipicamente integrati di nuove prebende “per il disturbo” causatogli dall’operazione societaria.

Il mio intervento non vuol essere una reprimenda contro le mie “amate” banche, che mi sfamano (anzi, sfamano la mia società, che a sua volta contingenta qualche briciolina ogni mese per me) da tre anni a questa parte, sebbene questo maledetto week-end (dopo la giornataccia/serataccia di ieri e la sveglia all’alba di oggi) ne avrei tutti i motivi. Vuole solo rappresentare un’annotazione a margine dei soliti annunci dei giornali, del tipo “900 esuberi nella Banca X” o “600 efficientamenti dalla fusione dei Gruppi Y e Z”, che ritengo essere informazioni fuorvianti. Se è vero che in Italia un assunto a tempo indeterminato viene licenziato raramente, nel caso delle banche ciò è ancora più raro, anche considerando che non vengono utilizzati metodi come cassa integrazione e dintorni. Nessuno viene mai mandato via, tranne nel ben preciso caso che rubi; il che, fortunatamente, capita abbastanza raramente.

Capisco le gioie del portafoglio, ma io i bancari non li invidio: quelli delle filiali hanno responsabilità impressionanti (sia in termini di gestione dell’attività che di budget commerciali da rispettare), ma vengono pagati decisamente meno di coloro che lavorano nelle direzioni centrali; questi ultimi, in compenso, fanno spesso orari allucinanti, senza reale motivo se non quello dell’appartenere ad uffici tipicamente sotto-dimensionati, in termini di organici e di competenze. Quando te li vedi per 5 giorni a settimana coi loro abiti eleganti e poi ti costringono a stare con loro anche nel week-end, ti domandi se i loro maglioncini con cerniera (tipica divisa del bancario che va di sabato in ufficio) nascondano delle t-shirt con su scritto “Sono un povero dannato con una famiglia da buttare ed ho bisogno di venire in banca anche alla domenica per affermare il mio status sociale”.

Non si capisce per quale altro motivo, d’altronde, un quadro intemedio di una banca trovi soddisfacente stare tanto tempo nel suo habitat naturale: la maggior parte non ha obiettivi particolari in termini di costi e ricavi e d’altra parte è quantomeno improbabile che un qualsivoglia azionista metta in dubbio l’operato dei suoi capi e quindi, indirettamente, il suo. La cosa più frustrante che possa capitare ad un bancario, d’altra parte, è proprio il fatto di venire sballonzolato da un ufficio all’altro, da una professione all’altra, in base a riorganizzazioni societarie più o meno giustificate dagli eventi di M&A, ma raramente ciò avviene in base ai suoi demeriti. Chi l’ha capito, ad un certo punto, ha incrociato le braccia e si è ritrovato confinato in un back office, cioè nel limbo di ogni istituto bancario, in attesa di arrivare all’età della pensione anticipata (e perciò profumatamente incentivata).

State dunque attenti, voi giovani amici che giungete alla Cuccia con query di ricerca tipo “inviare curriculum alla Banca ABC” oppure “lavorare in banca a Roma”: si tratta di ambienti spesso infidi, in cui tutti chiamano gli altri “collega” (da “il collega della portineria” a “i colleghi interinali”, da “il collega della fiiale” per arrivare al ridicolo “i colleghi consulenti della Società ABC”), ma spesso con vivo disprezzo negli occhi. Non è tutto oro ciò che luccica e se qualcosa luccica davvero, avrete l’auditor di turno che monitorerà costantemente le vostre azioni: non sia mai che siate tentati di rubare qualcosa… Una natural attrition in più!

Nokia E61, il citofono che (non?) fa per voi

14 Ottobre 2007

Il Nokia E61 in tutta la sua inquietante bellezza (...)In termini di cellulari, in questi anni ne ho viste un po’ di tutti i colori, su terminali di tutte le marche: dalle delusioni cocenti del Motorola TalkAbout T2288 al buon software del Siemens M35i, dalla compattezza del SonyEricsson T300 ai continui problemi dell’LG U8150. Telefoni con schermi in bianco e nero a colori, ma tutti con supporto a una qualche forma di navigazione in Rete: dal costosissimo Wap via Omnitel 2000 del Motorola all’UMTS dell’LG, passando per il SonyEricsson usato per mesi come modem GPRS. Ora, dopo due mesi di utilizzo, posso dire di aver trovato un terminale, quello che vedete nella foto, che include tutto ciò ed alla classica connettività via rete telefonica mobile affianca quella via Wi-fi. Si tratta del Nokia E61, per gli amici “citofono”, vista la forma non esattamente aereodinamica, cioè del primo Nokia della mia vita.

Sento già i commenti dei Nokiofili, che proveranno un brivido di terrore per questa mia recensione blasfema: costoro formano una setta di persone che non vuole utilizzare terminali della concorrenza e sembrerebbe che, una volta entrato nel tunnel della Nokiofilia, non si riesca più ad emergerne. Io che sono un newbie di questo marchio, invece, penso che non vi entrerò proprio. Il software di questo telefono-palmare, ad esempio, è contorto ed incomprensibile: per arrivare a configurare un parametro possono essere necessari fino a 7-8 passaggi tra i menu di vario livello. Ed a livello personale mi viene da dire di essere tornato indietro rispetto all’LG: manca una fotocamera/videocamera e ciò rende inutile il supporto alle videochiamate UMTS o agli MMS.

La stessa connessione Wi-fi di cui si parlava sopra funziona poco e male: accedere ad una rete protetta è incredibilmente difficile, mentre per gli hotspot gratuiti è facile perdere la connessione dopo pochi secondi. Mi fido ciecamente del parere opposto di SuzukiMaruti, che proprio nel Wi-fi vede un punto forte di questo cellulare: magari è il mio ad essere difettoso ed io non lo critico per partito preso. Potrei dire che il telefono ha caratteristiche di per sé apprezzabili, ma che presentano qualche problema nell’uso quotidiano. Pensiamo al client e-mail: si può utilizzare ad esempio per inviare post su Tumblr, ma la gestione dei caratteri accentati e degli “a capo” è pessima, quindi la funzione perde molto interesse.

Discorso simile per il tanto decantato browser Web: è vero come dice Enrico che riesce a rendere la navigazione della Rete simile all’esperienza via PC, ma questo implica il download di una tale quantità di dati che, in caso di connessione via rete telefonica, ne rende l’uso lento e costoso. Decisamente più interessante la possibilità di scaricare ed utilizzare Opera Mini: le pagine diventano leggerissime e sono supportati anche i server sicuri e proprio l’espandibilità del software è uno dei punti forti di questo terminale con sistema operativo Symbian che supporta anche applicazioni Java.

Proprio utilizzando il succitato Opera Mini (soprattutto l’edizione 4.0) in modalità full screen, si scopre un altro aspetto decisamente positivo: si ottiene infatti la migliore esperienza di navigazione Web vista sino ad ora su cellulari disponibili in Italia, velocissima e chiara da utilizzare. Davvero molto interessante la possibilità di effettuare chiamate via VoIP, utilizzando magari software brillanti come il buon Fring, utile per effettuare telefonate tramite i più famosi servizi o tramite la rete stessa di Fring, che sicuramente nei prossimi mesi ci farà sognare parecchio.

Per la gioia di Gabi, che del Nokia E61 ha fatto una fede, bisogna dunque ammettere che il citofono ha anche aspetti positivi, nonostante Nokia cerchi di boicottarlo da un po’ di tempo: se da un lato, rilascia applicazioni interessanti come Nokia Mail for Exchange, dall’altro considera obsoleto l’E61 (che pure è ancora nei listini degli operatori italiani ad oltre 400 Euro), in favore del Nokia E61i, simile all’apparenza ma decisamente più performante (e non solo perché finalmente dotato di videocamera). Io ho deciso di vendicarmi utilizzandolo soprattutto come walkman: se solo avesse una cuffia stereo, sarebbe veramente concorrenziale rispetto ad un MP3 player di buona qualità…

Il crepuscolo del consulente

5 Ottobre 2007

Arriva una fase, in tutti i progetti complessi, in cui si tirano i remi in barca. Il risultato atteso si è verificato, le risorse (umane ed economiche) sono state tutte impegnate sino all’ultima briciola e rimane il tempo di fare un po’ di ordine (mentale e fisico) prima di tornare alla normalità non progettuale. Tutto ciò avviene anche nei progetti che coinvolgono dei team di consulenti: anzi, per la natura stessa del nostro lavoro, questa fase assume una rilevanza critica. Se il Cliente ha raggiunto il suo obiettivo ed il progetto realizzato insieme ha portato ai risultati sperati, deve avere il coraggio di tagliare il cordone ombelicale della consulenza ed iniziare a camminare con le proprie gambe. Prima che ciò avvenga davvero, però, subentra la fase critica di cui sopra: è quella che potremmo definire (molto scientificamente, eh), “crepuscolo del consulente”.

Il Cliente, dopo che magari ti ha visto tutti i giorni seduto alle sue scrivanie a fare quanto previsto dal Progetto, a svolgere anche le sue attività quotidiane ordinarie e magari pure lanciato a passare la cera sui pavimenti (tanto…), non riesce a mandarti via. Allora ti compra per un mese. E tu rimani lì conscio che il Progetto ormai è finito, che la tua attività è puro supporto quotidiano e magari che ti toccherà rimanere fino a tardi la sera per lucidare l’argenteria di famiglia. Peccato che la tua Società di Consulenza ha capito che quello è un Cliente “morto”, quindi cerca di portarti via da quell’inferno a tutti i costi, per farti dedicare ad attività più redditizie e soprattutto con un qualche futuro davanti. Tutto il team d’altronde è già sparito, sei rimasto solo tu che eri “l’uomo di fiducia” del Cliente. Aspetti che succeda qualcosa, mentre di nascosto fai le crocette sul calendario come fanno i reclusi.

Il mio problema, piuttosto rilevante, è che sono in fase “crepuscolo del consulente” da oltre 6 mesi. Si può dire quasi da inizio 2007 e sicuramente fino al termine del 2007. Quasi un anno di strazio, insomma. Un anno composto da ore ed ore passate in ufficio a seguire attività che nulla hanno di progettuale, a fare da balia a top manager preoccupati di non farcela ad affrontare piani industriali impegnativi coi loro staff risicati, pigiati in open space invivibili. Ed ovviamente con il fiato della Società di Consulenza sul collo che dice “Beh, vieni a divertirti su qualcosa di più sensato”, senza alcun avviso rispetto al Cliente. Che così ti ama al mattino e ti odia al pomeriggio, quando magari sparisci per andare nei tuoi uffici a fare “altro”… Ed il giorno dopo ti rinfaccia aspramente che lui, la tua giornata da centinaia di Euro l’ha pagata tutta, dalle 8.30 del mattino alle 10 di sera (altrimenti come ammortizza l’investimento ingiustificato?)…

Sono un po’ stremato, lo confesso. Ci sono stati momenti simili negli scorsi anni (sin dai tempi di Venezia), ma sono sempre durati un mesetto o poco di più. Ora sono quasi imbarazzato, nel cercare da un lato di spiegare al Cliente la sua bassissima priorità strategica e dall’altro nel dimostrare alla Società che non sono lì a grattarmi, che in questa settimana ho fatto 3 sere giornate consecutive da 14 ore ciascuna ed oggi l’ho evitata solo perché appunto convocato a Milano per il tema “altro”. Domani sarà l’ennesima giornata infernale, passata a sopportare il Cliente col muso lungo per il tradimento del suo Consulente strapagato. Poi inizierà di nuovo il ciclo dell’innamoramento, fino alla prossima convocazione milanese. E via così, in cicli infernali che solo la povera Annarella può capire sino in fondo…