Alla ricerca di nuovi stimoli culturali

31 Ottobre 2008

Curiosando di link in link come spesso accade a chi come me passa tanto tempo online, ho scoperto l’articolo Why Intelligent People Tend To Be Unhappy di Bill Allin. Ho notato che è stato ampiamente ripreso su Digg e sui blog di tutto il mondo: in effetti offre spunti interessanti e probabilmente li offre proprio a chi su Digg e sui blog scrive. Perché parla di persone intelligenti, delle loro difficoltà a crescere in una società non tagliata per loro e dell’ipotesi (ottimistica) del sociologo che il XXI secolo, grazie ad un miglior riconoscimento sociale della figura del geek, risulti più favorevole.

Non so se io sia una persona intelligente. So che comunque mi riconosco abbastanza nel lato negativo descritto da Allin, quello della presunta anti-socialità che deriva, ipotesi quantomeno realistica, dal fatto che sin da bambini si è stati costretti a “vivere da grandi”. La logica descritta nell’articolo è micidiale, ma purtroppo penso che molti di noi possano facilmente ritrovarcisi: crescere in mondo di alte aspettative altrui comunque costringe a darsi aspettative altrettanto alte. Con tanto di senso di frustazione nel momento in cui le prospettive non si concretizzano e di biasimo da chi rimane stupito di ciò.

Avevo già parlato sulla Cuccia di questi argomenti, ormai parecchi anni fa. L’unica vera differenza, al di là delle piccole evoluzioni nella vita quotidiana che progressivamente ho raccontato in queste pagine, è che nel frattempo ho capito che l’unica vera benzina con cui andare avanti sono gli stimoli culturali. Perché se l’amore è ciò che ti sostiene nella vita privata, non riusciresti a sopravvivere ad intere giornate lavorative senza avere stimoli adeguati, da qualunque fonte ed in qualunque momento essi possano arrivare: magari nascono proprio dalla vita privata e contribuiscono a quella profesisonale.

Così magari prima mi appassiono ai programmi di loyalty dei supermercati, poi alle dinamiche dell’aviazione commerciale civile, poi allo sviluppo del mercato editoriale e così all’infinito. Come è già successo tante volte, quando meno me l’aspetto, queste informazioni, queste “curiosità”, mi serviranno sul lavoro, come spunto di conversazione con gli amici o come ulteriore punto di partenza per nuove “esplorazioni”. Ci saranno anche persone cui di tutto ciò non fregherà nulla (cfr. la Giuggiola di cui ho parlato tante volte qui sulla Cuccia)… Basta che poi non mi dicano che non sanno mai di cosa parlare con me.

Poi dite che sono io ad essere fissato con la pulizia delle mani

15 Ottobre 2008

Oggi, in tutto il mondo, è stata “festeggiata” la prima Giornata mondiale sulla pulizia della mani, promossa da Unicef con un po’ di enti governativi in giro per il mondo e l’appoggio (non casuale, direi, visto il tema) di Unilever e Procter & Gamble. Si tratta di un’iniziativa importante, soprattutto per i bambini e soprattutto per i paesi in via di sviluppo. I numeri citati nei comunicati stampa di presentazione sono impressionanti: 2 miliardi e mezzo di persone hanno seri problemi derivanti dalla mancanza di servizi igienici adeguati e 1 miliardo e mezzo utilizza servizi igienici all’aperto, con le ovvie conseguenze del caso.

Sembra che basterebbe convincere le popolazioni più povere ad imparare a lavarsi le mani con sapone, soprattutto prima e dopo l’utilizzo del WC, con iniziative educative ad hoc: si ridurrebbero le infezioni respiratorie del 25%, i decessi da malattie intestinali del 50%, i rischi derivanti da colera e dissenteria fino al 60%. Si risparmierebbero 3 milioni e mezzo di vite umane, quelle dei bambini morti ogni anno a causa delle scarse condizioni igieniche cui le famiglie li costringono. Uno stillicidio generalizzato che si potrebbe evitare con un gesto semplice come insaponarsi e sciacquare le mani.

Se nemmeno questa parentesi vi ha intenerito il cuore, ora guardiamo al vostro interesse diretto. Qualche tempo fa un inventore veneziano ha lanciato “Mio il salvamani”, un sistema per proteggere le maniglie dei carrelli da supermercato, utili per evitare che sporcizia e batteri si trasferiscano da queste al cibo introdotto nel carrello stesso. Tutti giù a commentarlo ironicamente, poi oggi Coriere.it pubblica due-tre domandine provocatorie e i risultati sono terribili: 1 lettore su 10 dichiara di non lavarsi le mani dopo essere stato in bagno, 1 su 4 di non lavarle dopo aver preso i mezzi pubblici.

Sempre meglio che in Gran Bretagna, comunque. Oggi sta facendo scalpore uno studio che mostra come a Londra 1 utilizzatrice su 5 dei mezzi pubblici presenta batteri fecali sule mani e lo stesso vale per 3 utilizzatori su 5 nel Newcastle: viene voglia di non andare più da quelle parti. Io probabilmente mi lavo le mani più del necessario, ma mi piacerebbe che almeno l’attenzione media al tema si alzasse un po’. E invece niente: nei luoghi pubblici assisto a scene bruttissime e mi viene la nausea al pensiero che poi quelle persone vadano in giro a piede libero. Ed io allora mi lavo ancora di più, è un circolo vizioso.