Se vado a scavare negli archivi della Cuccia, mi rendo conto di quanto tempo è passato dal mio addio a Padova: oltre sei anni e mezzo da quel lungo viaggio verso la Calabria, con alle spalle la porta della Reggggia e davanti i dubbi sulle possibilità di ammissione ad un qualsivoglia Master post-universitario italiano di livello adeguato. Poco meno di cinque, invece, sono gli anni trascorsi da un altro addio cruciale, quello a Nizza che, tra furti e cattiverie assortite, mi aveva brutalmente respinto verso l’Italia.

Da lì in poi, è stato un turbinio di città a cavallo tra 2004 e 2005: Torino, Roma, Milano, Bergamo. Proprio in quest’ultima città, a fine 2005, avevo iniziato a vivere in maniera continuativa: un anno passato tra residence, alberghi e bed & breakfast, fino all’approdo in un minuscolo monolocale di periferia completamente arredato dall’Ikea a fine 2006. Sembrava un’ulteriore soluzione temporanea ed invece proprio lì (anzi, nel bilocale di fronte, altrettanto Ikea ma decisamente più ampio) vivo tutt’ora.

Ancora per pochi giorni, purtroppo. I progetti full time a Bergamo sono finiti a dicembre e, a parte qualche piccola attività svolta a gennaio e febbraio, da marzo non c’è alcun motivo per cui io stia qui. Approfitto, a dire il vero, del periodo di preavviso che era comunque dovuto al proprietario degli appartamenti bergamaschi: ho chiesto qualche giorno ancora per terminare di riempire valigie e borsoni, ma ai primi di aprile dovrò necessariamente lasciare Bergamo alla volta di Milano. Che gioia incommensurabile.

Non ho ancora un alloggio a Milano, peraltro. Immagino che, una volta finito il trasloco, dovrò cercare di comprare una casa a Milano che mi permetta di uscire da questa eterna indeterminatezza riguardo le mie abitazioni. In questi anni ho capito che la vita di coppia sotto lo stesso tetto è molto difficile e questo mi ha spinto molto, in queste settimane di infiniti viaggi tra Bergamo e Milano, a ragionare in termini di più ampi e possibili sconvolgimenti epocali della mia vita personale e professionale da qui a qualche mese.

Contrariamente ai post di Padova e di Nizza, questo su Bergamo non vuole essere necessariamente un addio. A Bergamo mi trovavo veramente bene e non dispero di poterci tornare a vivere, prima o poi. Rispetto alla triste vita a Milano, Bergamo rappresenta un buon compromesso anche nei confronti della Padova troppo lontana dai centri nevralgici e della Nizza affascinante ma decisamente vacanziera. È pur vero che, fin quando la viabilità Bergamo-Milano sarà così disatrosa, è difficile immaginare di far il pendolare, ma non dispero.

Immagino che non sapere dove andare a vivere nel giro di due-tre giorni possa avere un certo fascino per chi legge queste pagine come un racconto astratto e non come un diario di una persona che, col senno di poi, si domanda se non avrebbe dovuto trasferirsi definitivamente a Bergamo ormai diversi anni fa. Troverò una soluzione ponte ove appoggiare valigie e bagagli assortiti e poi iniziare a girare l’Italia come spesso sto facendo in queste settimane… Ma non dimenticherò Bergamo: è una pagina ancora aperta, ne sono sicuro.



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