Due film diversi

31 Ottobre 2009

Oggi ho parlato per un’oretta al telefono con uno dei miei amici più cari, uno di quelli che sanno sfidarti intellettualmente da un lato, ma ti offrono la spugna del coach quando sei ferito all’angolo del ring. Abbiamo parlato di figli creativi, di comuni dolorosi problemi a schiena e spalle, di città da amare e città da cambiare, ma anche di storie d’amore finite troppo male per non essere un quotidiano punto interrogativo.

Su quest’ultimo punto ho provato ad aprirmi un po’ più del solito, condividendo osservazioni e storie che sino ad ora avevo tenuto per me. Il mio amico mi ha punzecchiato per cercare di tirarmi su, ma mi ha sorpreso dicendo prima di me cose che io pensavo da tempo. Il che non mi meraviglia: dopo sei storie d’amore, ormai ho capito che alla fine i ricordi sono la cosa più importante da conservare, con cura e sacrificio.

Quello che invece continua a sorprendermi, è che stavolta i ricordi stessi sono molteplici e diversi a seconda di chi li pensa e condivide. Dopo sei mesi, sembra di ascoltare due film diversi a seconda di chi quale dei due protagonisti lo racconta. E le comparse, anch’esse spaccate nettamente a metà, si ritrovano a narrare lo stesso film a seconda del protagonista che le aveva portate a interagire sul palcoscenico.

Non saprei come venirne fuori e questo scalfisce il buon umore che sta accompagnando gli ultimi mesi, tipico di chi è uscito da una serie infinite di sciagure grazie a scelte un po’ azzardate, ma efficaci. Io posso continuare a fare autocritica ad oltranza, ma il film che racconterò a colleghi, parenti, amici, sarà sempre una storia d’amore, non un film dell’orrore. Difficile e complessa, ma sempre una storia d’amore.

Giampaolo Pansa, un uomo (incredibilmente) di destra

14 Ottobre 2009

Ricordo con particolare piacere l’effervescenza culturale di Padova: non l’ho mai sfruttata sino in fondo, ma conservo con piacere piccole memorie di eventi e situazioni che, in qualche modo, hanno contribuito alla mia crescita culturale e professionale. Penso ad AntennaCinema, ai concerti visti, ai film al Cinema Excelsior, alle presentazioni di libri alla Feltrinelli di Via San Francesco.

Tra queste ultime, conservo con grande affetto il ricordo dell’incontro con Giampaolo Pansa. Una domenica mattina un po’ fredda, durante la quale avevo ascoltato con attenzione le parole di un maestro di giornalismo e poi, vincendo la mia proverbiale timidezza, avevo scambiato con lui qualche minuto di chiacchiere a proposito del mio percorso universitario in Scienze della Comunicazione.

Ai tempi io ero abbonato a L’Espresso: l’avevo fatto in offerta per poche decine di migliaia di Lire, dopo aver letto la stessa rivista grazie all’abbonamento di mio padre durante il Liceo. Gli approfondimenti politici di Giampaolo Pansa erano per me il completamento di quelli culturali della Bustina di Minerva di Umberto Eco, una lettura utile per inquadrare e comprendere le dinamiche politiche nazionali.

La vita da nomade successiva mi ha costretto a non tentare più alcun abbonamento a riviste cartacee: col tempo ho imparato a selezionare gli articoli di approfondimento più interessanti direttamente online. Butto ancora un occhio a L’Espresso quando lo trovo (curiosamente, unica rivista senza alternative) disponibile nelle lounge di Alitalia: interessante, ma orfano proprio di Pansa e del suo Bestiario.

Il nostro, infatti, negli anni ha preso una deriva cui, quindici anni fa, non avrei mai creduto. Ai tempi Pansa era l’anima critica di una sinistra in eterna lotta per il proprio rinnovamento; oggi, è l’autore coccolato dalla destra di libri revisionisti, un personaggio che non perde occasione per inveire contro il centrosinistra e la sua storia. Dieci anni fa era l’uomo forte de L’Espresso, oggi è una firma di Libero.

Questo turbinio di pensieri torna in mente in questi giorni, dopo aver letto l’intervista di Cazzullo a Pansa, con gli ormai tradizionali insulti verso i resti della sinistra italiana e la coerente difesa dei fascistelli minacciati da quei cattivoni dei giovani comunisti. Articolo che peraltro mi ricorda quello che proprio Cazzullo dedicò a Pansa un paio di anni fa, quando lo “strappo” verso destra ormai era cosa compiuta.

Capisco che Pansa abbia voluto cercare una propria verità storica su ciò che accadde nei terribili giorni della Resistenza, ma non tollero che per attaccare coloro che oggi lo criticano debba aggrovigliarsi in un revisionismo sempre più cattivo, di libro in libro e di articolo in articolo. Superati da un pezzo i settanta anni, Pansa sembra dimostrare la memoria storica di un ragazzetto col braccio destro alzato.

Non me ne frega nulla di Ferrara, di Liguori o degli altri personaggi un tempo di sinistra ed oggi comodamente adagiati all’ombra del potente che paga lo stipendio. Mi piange il cuore a vedere un bravo intellettuale che sta costruendo una seconda carriera facendo leva sullo squallore che aveva combattuto. Dov’è finito il “vero” Pansa, animo libero e maestro di giornalismo che dieci anni fa mi aveva conquistato?