Viva il Marketing alla griglia, senza griglia

28 Giugno 2010

Sono andato a rileggere quanto scritto tre anni fa a proposito della prima edizione del Marketing alla Griglia. Oggi ho infatti avuto la fortuna di partecipare ad una nuova edizione della reunion e così ero curioso di capire cosa fosse cambiato nel frattempo.

  • Sono cambiati i partecipanti: tra quell’edizione e l’attuale, gli unici in comune eravamo Pier Luca, Gianluca, Italo ed io. Oggi il parterre era sì formato da professionisti affini allo spirito di quell’edizione, ma anche di settori abbastanza diversi: la presenza di Gaspar o di Elena, ad esempio, è stata foriera di un sano confronto con chi ha una visione profondamente diversa da quella di chi disegna tutti i giorni prodotti, servizi e strategie di comunicazione.
  • Sono cambiati i mezzi sociali: ai tempi eravamo tutti blogger ad alta intensità. Ognuno di noi oggi continua a scrivere post “professionali” col proprio stile, ma non è certo più il focus principale delle nostre attività in Rete; in quel caso festeggiavamo la chiusura di un concorso per “il miglior blog di marketing”, nelle scorse ore l’argomento principale delle conversazioni verteva su FriendFeed e Foursquare e le stesse facevano capolino in tempo reale su Twitter mentre qualcuno apriva una fan page su Facebook.
  • Molti hanno cambiato lavoro: c’è chi da “camionista della consulenza” si è trasformato in gestore di edicola e poi ha scelto di guardarsi di nuovo intorno; c’è chi dalle TLC è passato alla distribuzione alimentare di qualità, passando da moto e dintorni; c’è chi si occupava di Risorse Umane e ora si è rituffato a pieno titolo su marketing di prodotto e dintorni; ci sono insomma persone che erano Consulenti e sono diventati Manager in azienda e viceversa, c’è chi era dipendente e ora è libero professionista e viceversa e così via.
  • È cambiata la vita personale di molti di noi: nuove coppie, nuovi figli, nuove abitazioni, nuove città. Forse i tanti bimbi presenti oggi portavano un maggior senso di tranquillità, di maturità, a persone che, pur con età diverse, sono tutti adulti che stanno affrontando sfide personali importanti, tracciandone memoria in Rete.
  • Continuano ad essere scritti libri interessanti sulla vita in Rete: quella volta c’era il libro di Arnesano ai blocchi di lancio, oggi è stato il turno di World Wide We di Mafe de Baggis ad attrarre tanta curiosità, ma circolavano anche copie di La cittadinanza digitale di Gigi Coco e di Giornalismo e nuovi media di Sergio Maistrello, con tanto di autori disponibili a parlarne dal vivo.
  • Più attenzione alla Pubblica Amministrazione: sarà che c’erano persone interessanti che a vario titolo lavorano per le Regioni Veneto, Toscana ed Emilia Romagna, ma per la prima volta durante un incontro di questo tipo la PA era oggetto di attenzione, quanto e più rispetto alle aziende, spesso accusate di essere troppo sonnolente o eccessivamente “attente ai costi”.
  • Cambia il cibo: invece della griglia, un delizioso mix di cibi freschi, pesce in primis. Sono letteralmente andato in deliquio, rispetto alla carne alla griglia, che non è mai stato il mio piatto preferito. Non è solo un dettaglio, perché la qualità del cibo, unita alla dolcezza di Pier Luca e Lucia in veste di padroni di casa attenti ed organizzati, ha creato un ambiente perfetto.

Che dire: nonostante la mia crescente allergia per l’autoreferenzialità degli ex-blogger e l’antipatia per lo svaccamento definitivo del formato Barcamp, c’è ancora qualche buon motivo per recarsi ad incontrare dal vivo vecchi e nuovi personaggi che leggiamo (e che ci leggono) quotidianamente. Sono felice di aver rivisto Gianluca, Pier Luca, Mafe ed Italo, ma lo sono anche per aver potuto finalmente confrontarmi dal vivo con Angela o Giovanni o aver ascoltato persone interessanti come (non me ne vogliano gli altri) Gaspar, Gallizio o l’Imprenditore.

Tutto positivo? Quasi, visto che qualcuno è stato deludente e scostante, senza motivo; capisco che quando da 10-15 persone si passa a 2-3 volte tanto sia difficile che tutti sviluppino legami di segno positivo, ma un saluto non dovrebbe negarsi mai, anche se si è occupatissimi a scrivere in Rete invece di parlare dal vivo. Io faccio mea culpa sul fatto di essere eccessivamente timido, ma ho la coscienza pulita sul fatto di essere stato cortese anche con chi non conoscevo. Spero ci siano altre occasioni per sanare le diffidenze reciproche. Anche perché, francamente, non vedo la radice del problema.

Ora resta la felicità di vedere tweet, status e foto (di post non se ne vedranno) taggati #mktgriglia. Mi raccomando, però: niente saccarosio.

Il punto debole di Ikea? I processi di vendita

14 Giugno 2010

Avevo sospeso il giudizio, giusto due anni fa (le coincidenze della vita a volte fanno impressione), sul mio rapporto con l’Ikea. Venivo da giorni terribili a montare da solo diversi mobili e francamente mi ero ripromesso di non voler più montare roba Ikea più grande di un comodino. Promessa tutt’ora mantenuta e che penso di mantenere a lungo, a meno di cambi di scenario nella mia vita molto ma molto drastici. L’unico fattore nuovo è che, per la prima volta, con il supporto dei miei genitori, ho recentemente disegnato e poi acquistato degli arredamenti in prima persona.

Ricorderete che ho vissuto per diversi anni in case completamente arredate Ikea, al netto della cucina: da quelle esperienze abbiamo tratto informazioni utili per progettare, con il tool di simulazione fornito da Ikea stessa, gli arredamenti per la casetta milanese in progress. Il giochino è quasi divertente, sebbene il programma sia un macigno e il catalogo sottostante non sia affatto aggiornato con quello attualmente disponibile nei negozi italiani; tuttavia, non manca una dimensione ludica che permette di sbizzarrirsi a sufficienza prima di procedere agli acquisti più importanti.

Il Progetto che ne viene fuori può essere salvato sui server Ikea e da lì ripreso in alcuni reparti, come quello cucina (speando che il principio possa essere esteso ad altri ambienti) e “vagliato” dallo staff esperto. Ed è qui che inizia a sorgere qualche sospetto sui processi svedesi: una volta chiuso il disegno, lo stesso viene stampato e poi ricostruito a mano, compilando a penna un foglio fotocopiato che tendenzialmente descrive gli estremi della cucina. Da lì poi viene aperto un ordine sui sistemi Ikea, senza collegamento con le anagrafiche già inserite (es. Ikea Family).

In quest’ordine vengono inseriti, confidando nella buona memoria dello staff di ogni reparto, i singoli item. Le scene sono sorprendenti: ad esempio, l’esperto degli armadi componibili Pax, digita i singoli elementi esterni/interni che gli vengono detti a voce da parte dell’acquirente che cerca di ricordare (anch’egli) a memoria quanto disegnato a casa. L’ordine cresce di reparto in reparto e progressivamente perde alcuni pezzi: su insindacabile scelta Ikea, infatti, alcuni singoli item devono essere ritirati e pagati in maniera indipendente al piano sottostante.

La mia esperienza, ad esempio: i 2-3 pensili che ho ordinato per la cucina hanno proseguito, insieme agli armadi e alla libreria, in maniera trasparente fino all’arrivo a casa mia; il piano di lavoro della cucina scelto avrei dovuto prenderlo io “perché la consegna a domicilio parte da Piacenza e invece questi piani li teniamo qui in negozio” (eh?), così ne ho scelto uno disponibile insieme ai pensili; altri oggetti come tavolo, sedie, rete, materasso sono passato a prenderli io nel deposito sottostante, li ho portati alla cassa e poi li ho riconsegnati all’ufficio Trasporto e Montaggio.

La faccio breve: qui miracolosamente gli item portati a mano si sono ricongiunti virtualmente con quelli dell’ordine principale, portando complessivamente le spese “extra” a circa 400 Euro, di cui 200 per il solo montaggio dei pensili da cucina (il cui valore, ovviamente, era inferiore al costo del montaggio stesso). A distanza di oltre tre settimane ho ricevuto la fatidica telefonata di ItalMondo, partner dell’Ikea e ho fissato trasporto e montaggio per il giorno successivo; appuntamento in realtà diviso in tre squadre: trasporto, montaggio cucina, montaggio altri mobili.

La qualità del lavoro? Pessima. Vetri rotti, ante montate male, fori nei muri con relativa vicina disperata, pareti macchiate e così via. Moduli di soddisfazione del Cliente compilati a mano da parte delle squadre, senza possibilità di scrivere davvero dei danni ricevuti se non quello del vetro rotto, con ulteriore viaggio obbligatorio a Corsico per ritirare il pezzo sostitutivo per montarselo da soli. Squadre di abilità diversa, accomunate dalla voglia di finire presto per correre da altri Clienti (ovviamente sono pagati per numeri di appuntamenti affrontati quotidianamente).

La qualità dei mobili? Decente. La lezione insegna che con meno di 2.000 Euro si riesce ad arredare decentemente un monolocale; la qualità, peraltro, è davvero configurabile. Restano magari mediocri le strutture portanti, ma ad esempio è possibile selezionare ante di qualità molto diversa, dal super-low cost al design di frontiera. Le misure, le forme, sono altrettanto flessibili e proprio questa è la grande forza del modello Ikea rispetto all’arroganza dei distributori italiani. I processi di vendita (e la scelta dei partner) probabilmente è meglio migliorarli.