Sogni, incubi e aeroporti
31 Ottobre 2010Qualche giorno fa ho visto Inception. Un bel film, con Di Caprio convincente nei ruoli di anti-eroe (chi non lo ricorda in Catch me if you can?), un uso accorto degli effetti speciali (nel senso: utilizzati in maniera limitata, rendendo le scene “naturali” molto più belle) e una storia molto contorta. Una bella perla che dovrebbe rimanere stand alone, per non finire come Matrix (ma purtroppo si parla già di un sequel/prequel).
Il tipico film in seguito al quale, volenti o nolenti, si finisce ad arrovellarsi per giorni, cercando di capire da un lato una spiegazione ad alcuni aspetti oscuri della sceneggiatura (e in un film come Inception ce ne sono a migliaia), dall’altro quali aspetti della trama in qualche modo richiamino le tue esperienze, la tua vita quotidiana, le persone che conosci, i tuoi sogni (e un film come Inception in questo la fa da padrone).
Era un po’ di tempo che volevo scrivere un post sui sogni (notturni) sulla Cuccia. Così è un po’ di tempo che presto attenzione, ma non ci sono grandi evidenze e ovviamente il ricordo dei sogni, anche dei più belli, sparisce rapidamente. Non ci sono nemmeno incubi terribili: quelli più inquietanti derivano dall’addormentarmi davanti a un film/telefilm, con l’audio che penetra nelle orecchie e dà luogo a situazioni assurde.
C’è però un sogno ricorrente che torna nei momenti inattesi e desta sempre una certa apprensione: è ambientato in aeroporti dalle caratteristiche poco riconducibili a quelli già conosciuti. Sono angosciato, perché per vari motivi (quasi sempre differenti tra loro, a volte riconducibili ai corridoi labirintici dell’aeroporto sognato) non riesco ad arrivare al gate di imbarco o comunque a salire sull’aereo (non conosco la destinazione).
L’ho fatto anche stanotte: stavolta l’aeroporto era piccolissimo, sembrava una stazione ferroviaria con un campo di aviazione davanti e dei lavori bloccanti in mezzo. E non avevo alcuna tensione particolare in testa: in questi giorni mi sto rilassando insieme alla mia famiglia e le preoccupazioni del lavoro (peraltro nemmeno gravissime in questo periodo) sono in standby. Quindi due-tre giorni di relax puro, con tanti sogni in mezzo.
A furia di sognare aeroporti impervi, sto quasi imparando a uscire dal sogno quando diventa troppo angosciante. Il che, ovviamente, equivale a svegliarmi. Magari non è un granché svegliarsi per colpa di un semi-incubo, ma è sempre meglio di svegliarsi con la sveglia del BlackBerry. Anche perché in quel caso qualsiasi sogno viene segato di brutto. E magari questo regala ulteriore malumore rispetto alla sveglia all’alba.