Nonni

30 Aprile 2011

Come ogni anno, questo è il periodo in cui penso di più a mia nonna. Perché lei era nata in questo periodo, ci ha lasciato in questo periodo, avrebbe festeggiato l’onomastico ieri (Santa Caterina). Poi tipicamente in questo periodo cadono anche le Palme e Pasqua, feste che passavo quasi sempre con lei. E con mio nonno.

Anche a lui penso spesso e ancor di più in questo periodo, contrassegnato da 25 aprile e primo maggio, date che per un partigiano e grande lavoratore come lui non potevano che rappresentare tanto (e poi domani è San Giuseppe, quindi un altro onomastico). Oggi son passato in auto davanti a casa loro: quanti ricordi…

L’altra coppia di nonni è ancora viva. Mio nonno non mi riconosce ormai da un paio d’anni, con la mente obnubliata dall’età; mia nonna invece mi accoglie ancora con gioia, poi il giorno dopo mi ri-accoglie, poi al pomeriggio mi chiede se sto partendo e così via. Spero che per qualche anno continui a riconoscermi.

I nonni sono stati una parte importante della mia vita in Calabria, essendo ai tempi tutti e quattro vivi e disponibili. In quegli anni erano già settantenni, ma tutti e quattro rappresentavo, in maniera diametralmente opposta l’uno dall’altro, figure utili a interpretare il mondo in cui avrei poi iniziato a vagare/vivere autonomamente.

Poi sono iniziate le malattie, i decadimenti fisici e mentali. Vorrei che tutta la mia famiglia vivesse in eterno, ma osservo i miei nonni superstiti soffrire e spero non debbano farlo soffrendo. Con gli anni ho imparato che la vita deve essere vissuta con la mente lucida per essere goduta in pieno, in tutti i sensi e in tutti i modi.

Tra qualche mese compirò 33 anni, quindi non posso immaginare che questo stato di semi-post-adolescenza continui in eterno: devo iniziare ad affrontare le durezze della vita fino in fondo, anche su temi che un tempo sembravano distantissimi. Certo, sarebbe stato più bello farlo con quattro nonni al proprio fianco.

Tasse, investimenti e qualità della vita

15 Aprile 2011

Da una chiacchierata della scorsa settimana, mi sembra di aver capito che la frase che ha colpito di più del mio post precedente è quella in cui giustifico il mio non voler spostare la residenza dalla Calabria con l’idea che i soldi delle mie tasse in qualche modo finiscano lì. Concetto “romantico” e un po’ troppo da federalismo fiscale, non molto applicabile alla realtà italiana.

Quando si parla di tasse, insomma, tutti alziamo le antennine. Così sono andato a rileggermi il mio post di cinque anni fa sull’argomento per vedere cosa ne pensavo: in sintesi, mi lamentavo di pagare molte tasse come titolare di partita IVA, senza avere nessun vantaggio da parte dello Stato in quel momento e nemmeno la consolazione di una pensione in futuro.

Le cose sono parzialmente cambiate, nel senso che essendo dipendente la proporzione tasse dirette/indirette/contributi è peggiorata; di fatto guadagno oggi quanto allora, nonostante le molte responsabilità in più. E il netto mensile è minore, nonostante non possa ovviamente lamentarmi rispetto ai coetanei, a chi non ha lavoro, a chi è vecchio o è disperato etcetera etcetera.

Diciamo che ora le mie lamentele sulle tasse sono basate soprattutto su un benchmark personale, cioè sulla tassazione che vedo applicata ai miei investimenti. Per anni ho dovuto impiegare i miei risparmi su conti correnti/conti deposito a rischio zero, con tassazione al 27%; da quando ho iniziato a investire in strumenti al 12,5% e si vede molto la differenza.

Ci sono stati mesi in cui ho guadagnato di più dando qualche occhiata ogni tanto all’andazzo della Borsa piuttosto che lavorando le solite 70 ore a settimana. Da quando ne ho preso consapevolezza continuo a domandarmi “Chi me lo fa fare?” e quindi il mio pessimismo nel confronto del lavoro da dipendente con tasse alle stelle cresce quotidianamente.

Nel vecchio post sulle tasse, ponevo l’accento sulla mancanza di assistenza sanitaria pubblica a causa dei miei vari spostamenti in giro per l’Italia. Da un lato questo è rimasto valido, dall’altro ora pago un’assicurazione sanitaria che dovrebbe risolvere la maggior parte dei problemi, anche in termini qualitativi. Però oggi, ancora più di allora, il tempo latita del tutto.

Quindi alla domanda “Chi me lo fa fare?” la risposta “La passione” non basta più perché ci va di mezzo la salute. E questa riflessione sulla qualità della vita e sul rapporto lavoro-da-dipendente-troppo-tassato vs. altre-forme-di-vita-con-migliore-qualità potrebbe prendere il sopravvento molto più presto di quanto si possa pensare, anche perché gli anni volano.