Insicurezze

31 Marzo 2012

Parlavo l’altra sera a cena delle mie disavventure da ragazzino. Storie di goffagine proverbiale, qualche scenetta degna di un film comico sugli anni della mia pre-adolescenza. Commentavo che in qualche modo l’essere così inadatto a qualsivoglia attività fisica mi ha sempre scoraggiato anche solo dal mettermici seriamente, in una sorta di circolo vizioso. Aggiungevo poi che, crescendo, questo mix perverso con la mia proverbiale timidezza l’ho dovuto un po’ mettere da parte per poter sopravvivere in ambienti duri come quelli del lavoro.

Ora dunque continuo sì a essere timidissimo nella vita privata e goffo più che mai, ma almeno in ambito professionale mi sono auto-imposto di essere molto più diretto. Quindi in questa sorta di rappresentazione quotidiana (Erving Goffman trema nella tomba) tiro avanti il mio personaggio senza grandi scossoni, quasi al limite dell’arroganza. In fin dei conti la maggior parte delle attività che mi vengono pagate dai Clienti sono finalizzate a mettere ordine nell’entropia, a guidarli nel prendere decisioni strategiche in situazioni di panico generale.

Il problema di questo approccio è che in qualche modo tracima nella vita quotidiana. Quindi si diventa un po’ asettici verso il panico altrui, cercando di restare calmi anche in situazioni complesse. Eppure c’è una cosa su cui non riesco (ancora?) a passare sopra e sono i furti. Ricorderete il dramma a Nizza, il furto con scasso che mi fece desistere dal continuare a vivere in Francia e tornare di corsa in Italia. Qualcuno avrà letto anche del recente furto del PC dentro il Freccia Club di Roma, che mi ha toccato molto e non di certo per il valore dell’oggetto.

A Nizza la sensazione di disagio era stata fisica, era stato brutto sentire violato il mio spazio. Col PC invece i ladri hanno avuto accesso a tutta la mia posta aziendale dal 2004 a oggi, a piccoli e grandi contenuti sparsi sopra, a tutta la mia musica (ho l’abitudine di copiare su hard disk i miei CD, visto che non me li posso portare per il mondo). E questo sì, mi ha fatto male: riesco dunque a sopravvivere a difficoltà ben maggiori, ma furti e furtarelli mi destabilizzano. Mi chiudo a riccio, spero non avvengano mai più, ma so già che ce ne saranno altri.

In ufficio (altrui) di notte

16 Marzo 2012

Quando ormai erano passate le 11, stasera guardavo in faccia il mio Cliente mentre si spremeva le meningi sull’output di un’agenzia creativa troppo poco creativa persino per il sonnolente ambiente genovese, cercando di richiamare a memoria i contenuti di un post del 2005.

Non è che sia autistico (almeno, non del tutto), però ricordavo quelle sere estenuanti di luglio 2005, chiuso nel caldo notturno di un ufficio milanese, oltre al fatto di essermi “sfogato” quaggiù. Ironia della sorte vuole che le tematiche in gioco siano simili, ma il contesto è diverso.

Ai tempi non ero dipendente della Società di consulenza, ma un giovane free-lance che in qualche modo faceva la notte con i capetti della Società per capire meglio dove andare a parare il giorno dopo; ora qualche responsabilità ce l’ho io e la notte la faccio direttamente col Cliente.

Bel salto in avanti, eh. Sempre di vita rovinata si tratta. Per di più, allora avevo sì il problema di fondo di costruirmi una credibilità prima rispetto alla Società e poi verso il Cliente finale; oggi magari posso contare sulla prima, ma proprio per quello è più dura la seconda.

Essendo venerdì, molte persone hanno finito la giornata lavorativa verso le 16. Io oltre 7 ore dopo, dopo essere arrivato negli uffici del Cliente verso le 8 del mattino. Quindici ore passate principalmente a parlare, a tutti i livelli, dai Top Manager agli “operativi”. Cosa ci rimane?

Domani è sabato e ci saranno le ricadute delle riunioni diurne/notturne di oggi. La domenica non sarà molto diversa, poi tante serate in salita verso una presentazione finale importante a fine mese. Importante per il Progetto, certo. Ma un evento irrisorio nella vita reale di tutti.