Due parole su Eataly (a Genova e non solo)

31 Ottobre 2012

Avevo promesso di scrivere qualche pensierino a proposito di Eataly l’estate dello scorso anno, quando avevo visitato la filiale genovese come turista, non sapendo che pochi mesi dopo mi sarei trasferito a vivere a poche centinaia di metri. Ho aspettato ad appuntare le mie considerazioni perché finora non avevo mai cenato da Eataly; sebbene abbia ormai visitato tante volte l’edificio Millo, la mia esperienza culinaria si limitava solo al piatto di salumi degustati in quel giorno d’agosto.

Ora posso dunque esprimere un parere a tutto tondo sul modello di Eataly, seppure inevitabilmente legato all’esperienza specifica genovese, visto che le visite ad altre sedi del gruppo si contano sulle dita di una mano. Tutto sommato, però, visto che anche le nuove aperture sembrano ricalcare lo stesso modello (al massimo ingigantendolo, cfr. punto vendita di Roma), immagino che le mie considerazioni sull’area vendita al dettaglio e su quella ristorazione siano valide altrove.

Riguardo al primo aspetto: Eataly è decisamente lo store alimentare dei sogni. Dubito possa essere utilizzato per gli acquisti quotidiani come vorrebbe Oscar Farinetti, eppure a poterselo permettere, sarebbe la fonte ideale di approvvigionamento per frutta e verdura biologici, salumi e formaggi di alta qualità, paste fresche e pane appena sfornato (e non solo). Altrettanto spettacolare l’offerta di prodotti a lunga conservazione: vino, olio, dolciumi, conserve e persino sughi.

Molto più debole l’aspetto ristorazione: è qui che esplode la contraddizione tra una metodologia e uno stile sulla carta impeccabili e lo staff di ragazzini svogliati e incuranti. Se quando sistemano la merce sugli scaffali i loro danni possono essere limitati, in cucina e nel contatto umano svelano una totale incapacità di comunicare l’eccellenza che dovrebbe contraddistinguere l’offerta Eataly. Si finisce a degustare piatti in arrivo in ordine casuale, con materie prime di qualità ma di modesta fattura.

Peccato, perché in tempi in cui il food contende all’arte l’attenzione dei più nobili d’animo, il successo internazionale di Eataly sembra ricalcare quello dei piccoli artigiani di provincia la cui immagine si sfalda una volta cresciuti a dismisura. I primi a scappare non sono i foodies, che comunque continueranno a seguire Eataly se non altro come store alimentare; son quel tipo di persone (di cui probabilmente faccio parte anch’io) cui mangiare bene piace, ma vogliono esperienze reali, sapori veri.

Metropolitana metafora di Milano, l’Italia come Milano?

16 Ottobre 2012

Non è che ci provi gusto a insultare Milano a ogni pié sospinto, né penso che sia stata la città a rendere antipatica la gente (me compreso): probabilmente la gentaglia (me compreso) è a Milano come altrove. Quello che colpisce di Milano e dei milanesi è piuttosto il fatto che l’esasperazione regna sovrana e questo crea circoli viziosi anche sui più miti. La Metropolitana rappresenta bene lo spirito del tempo e del luogo. Qualche giorno fa c’è stato l’ennesimo sciopero dei mezzi pubblici e le reazioni sono sembrate ancora più esagerate del solito: le immagini sui giornali rappresentavano diversi milanesi in tailleur o giacca e cravatta che tentavano di passare sotto le serrande in metro.

La serata dello stesso giorno, nuove info dal sottosuolo milanese: mandrie di persone bloccate in galleria, malori; poi schiere di mezzi di soccorso che han bloccato anche il traffico di superficie. Stavolta dietro lo stop nel tunnel non c’è stato un guasto, ma nella vita quotidiana dei milanesi gli outage dei mezzi pubblici sono all’ordine del giorno. Dall’insediamento della Giunta Pisapia in poi, in particolare, la qualità del servizio si è ulteriormente abbassata rispetto agli scorsi anni: non c’è giorno in cui non ci sia almeno un blackout, i treni sono sempre più rari durante il giorno e praticamente scomparsi in tarda serata. In una città in cui la metropolitana è l’unico mezzo di trasporto decente, è grave.

Non è solo questione di treni troppo vecchi, visto che anche i lavori delle nuove linee vanno a rilento e ultimamente hanno visto anche incidenti seri a danni degli operai impegnati negli scavi. Di alcune tratte indispensabili, quali quella che dovrebbe collegare centro storico e aeroporto di Linate, passando per quartieri affatto serviti dalla metro, ormai non se ne parla quasi più; per fortuna a Malpensa si arriva in treno grazie a servizi gestiti dalla regione e non dal comune. Il che non è necessariamente una garanzia sul futuro: proprio in questi giorni la Giunta lombarda sta collassando dopo mesi in cui il Consiglio era diventato una delle barzellette politiche nazionali grazie ai suoi bizzarri componenti.

L’affossamento della metropolitana di Milano è una metafora efficace del declino della città e la stessa Milano è un buon proxy della realtà nazionale. Ero stato freddo ai tempi dell’elezione di Pisapia, pur sapendo che se avessi avuto la cittadinanza nel capoluogo lombardo non avrei potuto non votarlo rispetto alla Moratti. Ora che è tempo di primarie nazionali del Centrosinistra immagino che dovrei appoggiare la candidatura di Vendola, anche se sorge il dubbio che nel caso (piuttosto difficile) vincesse potrebbe proiettare a livello nazionale il comportamento di altri outsider come Pisapia a Milano o Doria a Genova, che non stanno portando a termine i piani di rilancio promessi in campagna.