Matematica e fisica

31 Maggio 2013

Anche Calvin è perplesso dell'utilità di certi tipi di studi
La storiella sul perché io mi sia iscritto al Liceo Scientifico è nota: alla fine delle Scuole medie una prospettiva interessante sembrava quella di diventare un professore di matematica e quindi era un percorso obbligato. Si aggiunga che il Liceo Classico era veramente fuori fuoco, frequentato da figli di papà che vivevano in città.

I miei genitori per un certo periodo probabilmente mi avrebbero visto bene a Ragioneria, passaggio utile per la carriera da Commercialista; ma mi hanno sempre lasciato libero e quindi ho potuto imboccare quella che a 13 anni sembrava una strada sensata. Poi anche mia sorella e i miei due cugini hanno scelto lo stesso Liceo.

Negli anni allo Scientifico ho vissuto un innamoramento continuo per le materia umanistiche e un crollo totale dell’interesse verso quelle scientifiche. Ancora oggi mi domando l’utilità di aver perso mesi a struggermi su integrali e derivate; mi rendo conto di essere irrazionale, ma provo un vero e proprio odio verso la fisica.

Nella vita professionale passo le giornate a scrivere documenti in PowerPoint e Word, con qualche rapido excursus su Excel che comunque non richiede più che qualche nozione di algebra; in quella fuori dal lavoro per anni ho fatto i calcoli a mente, ma ultimamente nei piccoli calcoli quotidiani viene più facile tirar fuori lo smartphone.

Sono contento che le mie scelte formative successive siano state decisamente più azzeccate. È pur vero che solo una minima parte delle nozioni apprese viene utilizzata realmente, mischiata negli anni con l’esperienza; alla fine forse conta di più una sorta di “attitude”, per quanto a volte possa sembrare un po’ triste da dire.



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