Berbenno di Valtellina

31 Marzo 2014

Oggi quando ho scoperto la sede dell’appuntamento di lavoro di domattina mi sono domandato se non fosse un pesce d’aprile in leggero anticipo. Poi ho guardato l’indirizzo della sede del cliente su Google StreetView e alla vista della zona industriale mi sono reso conto che c’era poco da ridere. Peraltro, mi son detto, i miei colleghi consulenti che lavorano per le aziende industriali in zone simili vanno di continuo, visto il tessuto fitto di PMI tipico del nord Italia. Però al prossimo che mi dice “Ma come, le Banche non hanno tutte sede a Milano?” consentitemi di tirare un cazzotto sul naso.

Come scrivevo un mese fa, il 2014 va piuttosto male, soprattutto dal punto di vista della logistica. Da un lato nel bene e nel male sto facendo finalmente fruttare l’acquisto della casa a Milano di ormai un po’ di anni fa; dall’altro poi mi tocca andare in giro con la borsa del venditore di pentole e sperare di portare a casa qualcosa. Il che non è un dispiacere di per sé, anzi; a me piace parlare di cose che conosco e incontrare nuove persone. La noia tremenda è preparare questi incontri, compilando presentazioni infinite e soprattutto rispondendo a gare in cui spesso si parte (e si arriva) già sconfitti.

Certo non avere un’auto complica le cose. Domani dovrò svegliarmi all’alba, prendere un treno regionale che impiega oltre due ore per arrivare a Sondrio e da lì sperare in un taxi che voglia farsi la gita in provincia. Tra qualche giorno probabilmente dovrò andare a Basiglio aka Milano 3 e già mi dispero, vista l’assenza di mezzi pubblici per raggiungere la sede del prospect; mi strappo del tutto i capelli pensando che poi il prospect in questione potrebbe diventare un cliente e questo sbattimento potrebbe essere moltiplicato per giornate/settimane/mesi. Mi manca Torino, anche per l’Alta Velocità.

In questi primi mesi dell’anno ho infatti scoperto quanto è comodo arrivare in tre quarti d’ora dal centro di Torino a quello di Milano e viceversa. Verrebbe voglia di fare i pendolari, se solo si avesse la casa accanto a Porta Susa e l’ufficio accanto a Porta Garibaldi (o viceversa); impiegherei comunque lo stesso tempo che in questi giorni spendo per andare dalla mia casetta in zona Lambrate al mio ufficio in zona Bonola, in metropolitana. Immagino non sia un caso che le due principali banche stiano mettendo le proprie sedi principali in grattacieli di fronte alle due stazioni suddette.

Nel week-end ho fatto un salto a Genova e ho sospirato ripensando agli anni positivi passati lì; era bello vivere e lavorare in una città a misura d’uomo. Ora torno mestamente a casa la sera tardi e mi sento alienato e afflitto; dormo poco, al mattino mi rialzo presto e riprendo la routine da pendolare di città. Mi dicono che se voglio fare carriera devo abituarmi a questo tipo di vita e a me viene in mente quanto pensavo anni fa sul principio di Peter; quindi di fatto sto implicitamente dicendo di non voler fare questo tipo di carriera commerciale, in cambio di un po’ di serenità logistica.

Tassare così le rendite finanziarie non è di sinistra

16 Marzo 2014

Se davvero Renzi riuscirà a stare in groppa alla scottante poltrona auto-assegnatasi fino alla fine della legislatura, ci saranno sicuramente diverse occasioni per esprimere un parere sul suo operato come presidente del consiglio, ma anche come leader del Partito Democratico. Per ora qui voglio appuntare qualche osservazione sull’unico provvedimento sicuro finora definito, cioè l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Perché all’apparenza è un provvedimento “di sinistra”, ma in realtà presenta parecchi lati oscuri. Innanzitutto, la cosa più grave è anche ancora una volta vengono danneggiati i piccoli risparmiatori. Gli “azionisti qualificati”, cioè quelli che detengono investimenti significativi, non sono sottoposti a questo aumento; pur ipotizzando realisticamente che i loro redditi siano nello scaglione massimo e quindi tassati al 43%, la tassazione dei dividendi sarà applicata solo al 49,7%, quindi in totale meno del 26% a carico dei loro soci in miniatura. Ma questo è solo l’aspetto più eclatante; i problemi del provvedimento sono anche più profondi.

Questo ulteriore aumento, infatti, segue il forte inasprimento della tassazione complessiva visto nell’ultimo biennio. Oggi il piccolo risparmiatore che vuole mettere i propri fondi su un conto deposito, si trova tassato il rendimento al 26% subito, ma poi a fine anno ha un ulteriore 2 per mille di tassazione sull’intero ammontare; se ha osato fare qualcosa di un po’ più rischioso e ha investito nelle azioni di una società di capitali, on top dovrà anche versare la Tobin Tax, altrimenti conosciuta come la tassa più sciocca degli ultimi anni. Applicata praticamente solo in Italia, quest’ultima tassa ha creato danni significativi alla dimensione degli scambi già ridicoli sul mercato italiano. Spacciata anch’essa come leva contro i cattivi speculatori, è invece pagata solo dai cassettisti; le grandi società di investimento, quelle che manovrano davvero il mercato, non sono soggette. Non lo sono nemmeno i day trader, quelli che teoricamente creano più entropia sul mercato proprio perché alla ricerca del guadagno giornaliero. A nulla sono serviti i moniti delle istituzioni internazionali.

Tornando agli aspetti negativi del 26%, quello che fa più rabbia è la concorrenza sleale tra Stato e società private. Se queste ultime ora vorranno emettere obbligazioni, si troveranno di fronte consumatori già poco convinti, clamorosamente spinti dal nuovo regime di imposte a sottoscrivere titoli di Stato, che rimangono tassati al 12,5%. Se le Banche proveranno a raccogliere liquidità, avranno come concorrente ancora più spietato Poste Italiane, i cui prodotti per la maggior parte continueranno a essere tassati al 12,5%. Ammetto che lavorando da 10 anni con Financial Institutions assortite, un po’ ho a cuore il destino di chi incontro quotidianamente negli uffici dei Clienti. Probabilmente anche gli Italiani in fondo hanno un po’ di fiducia residua in questa gente, visto che appena il 5% dei loro risparmi va in titoli di Stato e per la maggior parte è investita in fondi di investimento, azioni o corporate bonds. In fin dei conti sono impiegati e quadri e dirigenti di società private come tutti noi, in molti casi liberi professionisti per cause di forza maggiore.

Da persona di sinistra, per quanto mi riguarda la tassazione delle rendite finanziarie potrebbe anche essere aumentata a dismisura e coincidere con quella del reddito, se questo volesse dire renderla più progressiva ed eliminare gli altri balzelli come la tassa sui depositi e la Tobin Tax. Non è che un nonno che ha da parte 10.000 € per il matrimonio del nipote ora andrà a spenderli e rimetterà in moto l’economia; al contrario, se li terrà belli caldi in contanti in casa, visto che il solo tenerli sul conto corrente vorrebbe dire vederli assottigliare lentamente (si sa che i nipoti si sposano sempre più tardi). Questo vuol dire meno credito da parte di chi dovrebbe erogarlo, visto che è meno liquidità in giro nel sistema ed è un impatto diretto sull’economia, molto più pesante della soddisfazione di aver fatto finta di aver annunciato un provvedimento contro gli speculatori soggetti al nuovo livello di tassa. Che in realtà sono persone normali, come noi. Anzi, siamo noi, che sui soldi “da risparmiare” abbiamo già pagato tante tasse molto prima che arrivino in busta paga.