La mia piccola anima gemella

30 Giugno 2014

Eva è arrivata in Italia. Trascinando bagagli più grandi di lei, ha portato un pezzo della sua vita in Calabria trasferendo dall’India non solo il notebook aziendale con cui lavorare da remoto o i vestiti per il suo soggiorno, ma anche tutti i piccoli grandi oggetti utili per coltivare i suoi hobby, tutti molto creativi. Bisogna dire che è stata coraggiosa e sveglia, visto che pur non avendo prima né mai lasciato l’India né mai preso un aereo è riuscita a inanellare tutti i passaggi utili per arrivare a casa nostra e stabilirsi per tre mesi.

Questo primo weekend è stato piuttosto speciale, visto che l’abbiamo passato insieme io, lei e i miei genitori. Uno strano equilibrio in cui ero sommerso di affetto a 360° da tre persone diverse, ma tutte accomunate dall’essere sensibili e buone. Spero il primo di una lunga serie di appuntamenti: da un agosto spero il più possibile congiunto a un po’ di occasioni di passare del tempo insieme a luglio e settembre. Certo la lontananza tra Nord e Sud non aiuta molto, visto che siamo costretti a scriverci come quando era in India.

Definivo questo weekend speciale soprattutto perché è stata la prima occasione per mettere davvero a nudo i nostri sentimenti. A gennaio il turbinio di emozioni era stato un po’ compresso tra ritardi/attese degli aerei e lunghi tragitti in auto; stavolta siamo riusciti a parlarci guardandoci negli occhi di piccole e grandi cose. Scoprendo di essere molto diversi su alcune cose e sorprendentemente simili in altre, nel giusto mix che probabilmente contraddistingue le coppie adulte, che a un certo punto capiscono di poter durare a lungo.

Una vignetta di Singloids

Io ed Eva siamo due solitudini che si incontrano. Non si pensi al senso negativo di questa frase, al fatto che due possano scegliersi giusto per scongiurare il rischio di rimanere single a vita. Suggerisco invece quello positivo: sento spesso parlare di anime gemelle, ma ora ho dato un significato personale a questa espressione grazie alla mia Eva. Che ha il suo bel caratterino e i suoi difetti e le sue complesse sfaccettature, come tutte le persone affascinanti; ma che ha anche tanta dolcezza da offrire, mentre mi abbraccia stretto.

Il suo essere fisicamente delicata e psicologicamente forte, apparentemente naive e sostanzialmente affidabile, la rendono una persona speciale con cui voler stare il più possibile, anche in momenti del tutto ordinari e non certo memorabili. Ora che sono tornato a Milano alterno momenti di nostalgia per il bel tempo passato insieme e un bel po’ di sorrisi sapendo che passeremo il prossimo weekend insieme, in una piccola gita-esperimento a Napoli, città che io conosco poco e lei ha visto descritta solo su qualche sito Internet.

Ci sono dei momenti in cui Eva dichiara il suo affetto o il suo dispiacere a vedermi partire, stringendomi il cuore ma facendomi sentire all’improvviso utile, a tratti addirittura indispensabile come lei lo è per me. Ci sono sguardi, gesti e sorrisi che la rendono molto attraente e io arrossisco ogni volta che lei azzarda un piccolo complimento su di me. Ci sono parole, pensieri ed emozioni che vagano indifferentemente via Rete o dal vivo, che ci uniscono fortunatamente molto di più di quanto ci possano separare, evitando malintesi.

Dopo di che, capisco che il futuro non sarà affatto facile, né per lei che sta decidendo di cambiare vita e Paese, né per me che sto facendo scelte piuttosto serie, ma che non possono prescindere da colei che quando mi guarda negli occhi mi fa capire che è possibile una vita diversa. E che anch’io devo prendere le giuste decisioni per dare una chance e un futuro alla nostra relazione. Perché vorrei la mia piccola anima gemella sempre vicino a me, per continuare a condividere sorrisi e a volte anche qualche lacrima, spero di felicità.

Vaghi ricordi degli Stati Uniti

15 Giugno 2014

Come e più di quanto avessi previsto, il rientro al lavoro dagli Stati Uniti è stato precipitoso e massacrante. Il progetto a Sondrio in particolare sembra interessante, ma basti dire che sto dormendo lì 4 notti totali in 3 settimane per far intuire a chi mi conosce lo sbattimento logistico che c’è dietro. Così ripenso a quella settimana come fosse distantissima e un po’ mi dispiace: avrei voluto scrivere qui tante cose e magari fare un elenco ordinato come avevo fatto a gennaio al ritorno dall’India; invece appunterò solo qualche ricordo ancora particolarmente vivido. Ad esempio: mi sono rimasti sicuramente molto impressi i musei. Molto bello il Museum of Fine Arts di Boston, completo e ben allestito; interessante il piccolo National Museum of the American Indian a New York; imperdibile il Museum of Modern Arts aka MOMA, centro culturale di Manhattan; perdibile il MOMA PS1, che dovrebbe essere la sua declinazione più contemporanea, ma è semi-vuoto. Ho fatto un salto anche all’American Museum of Natural History e al Metropolitan Museum, ma tempo e costi mi hanno tenuto lontano dal visitarli.

Dico “costi” perché avrei dovuto spendere un’altra sessantina di dollari, tra ingressi e deposito bagagli, dopo i 25 spesi ad esempio al MOMA (salvo scoprire dopo che al venerdì pomeriggio l’ingresso sarebbe stato gratuito in quanto offerto da Uniqlo). In valore assoluto forse 25$ a botta per ogni museo potrebbe essere onesto vista la qualità delle opere ospitate; ma in generale tutto è costosissimo ovunque negli Stati Uniti, nonostante un cambio favorevole. A Boston ho pagato 100 Euro a notte un albergo non di certo brillante se confrontato a quelli italiani. Aragoste a parte, non mi sono dato limiti allo spending sul cibo, che è notoriamente un mio chiodo fisso. Ciò nonostante, pur essendo stato nei principali luoghi normalmente suggeriti dai foodies, non ho ricordi così positivi. Mi rimangono alcune curiosità, tipo il pastrami, che da cibi etnici sono ormai diventati prodotti tipici locali; ci sono cose che mi hanno stufato, come le uova a colazione; altri cibi che ho scientemente rifiutato, come gli hot dog (d’altra parte non mangio würstel nemmeno in Italia). Tornerò di sicuro, ma non sono sicuro per motivi culinari.

Tornerò perché gli Stati Uniti sono un mondo totalmente diverso dal nostro, anche se i miei amici Indiani ci etichettano tutti sotto l’etichetta di “Occidentali” (d’altra parte noi etichettiamo come “Orientale” di tutto di più). Sono una terra in cui tutti lavorano e non è difficile immaginare una disoccupazione virtualmente pari a zero. Non sono certo i bifolchi che vorremmo descrivere a tutti i costi; anzi, l’amore che dimostrano nel setup di spazi universitari, musei e luoghi culturali è commovente ed è una lezione da tenere in mente perché non è solo questione di soldi. Mi piacerebbe tornare con Eva (che nel frattempo ha ottenuto il suo visto e quindi passerà un po’ di mesi qui in Italia), per trovare insieme dei punti di contatto tra le varie culture che popolano il Nord America. Il mio albergo era nei Queens ed è stata un po’ una sorpresa uscire dalla metropolitana e scoprire un quartiere di New Delhi trasferito lì; ho trotterellato anche a Little Italy e Chinatown, troppo turistiche per essere credibili, ma anche ad Harlem ed El Barrio, dove rispettivamente le culture “black” e ispanica si sentono davvero.

A proposito di metropolitana: l’abbonamento settimanale, anche se purtroppo utilizzato solo per i 4 giorni spesi a New York, è stato un toccasana per vedere aspetti non strettamente turistici dell’enorme città. A Boston, invece, l’ho presa solo per andare a/venire da Cambridge: le attrazioni sono invece deliziosamente visitabili a piedi, seguendo i mattoni rossi che guidano i turisti anche fuori dal crogiolo di vecchi palazzi frammisti a modernissimi grattacieli del centro. Commistione per altro evidente anche a Manhattan, dove pur con qualche azzardo architettonico qui e là contemporaneo e tradizione convivono e si fanno forza a vicenda. Come scrivevo a tal proposito su .commEurope, abbiamo tanto da imparare; quello che aggiungo qui, è che anche a livello personale tutta l’esperienza mi è servita per aprire gli occhi e avere buoni motivi per continuare a tenerli aperti ora che sono tornato alla routine quotidiana. Sapere che c’è gente sveglia a qualche decina di migliaia di chilometri è un buon incentivo per mettere da parte un po’ di soldini per tornare a trovarli; oppure andare in direzione opposta e conoscerne altri.