Genova ferita

31 Ottobre 2014

Esattamente 3 anni fa, a fine ottobre 2011, auspicavo di trasferirmi a Genova per un po’ di tempo; nei commenti allo stesso post annotavo che nei giorni immediatamente successivi la città era stata vittima di una grande alluvione, che mi aveva fatto preoccupare un po’ mentre le immagini dei disastri scorrevano via Internet e io le guardavo in ufficio a Milano. Il mio desiderio poi si era concretizzato e per gli interi anni 2012 e 2013 avevo vissuto a Genova.

Ora la città è stata di nuovo colpita da un’alluvione, meno mortale della precedente e forse meno evidente perché ha colpito soprattutto zone periferiche; ma altrettanto difficile per i cittadini, alcuni dei quali ripresi alla meno peggio dalla precedente. Ricordo che nel 2011 ero stato a Genova la sera dell’alluvione alle Cinque terre e il vento freddo era terribile; chissà oggi quanto stanno soffrendo il freddo oggi gli sfollati, quelli che hanno perso di nuovo tutto.

Come se non bastasse, qualche weekend dopo un altro ciclone si è abbattuto sulla città: i risultati degli stress test hanno condannato Banca Carige a morte certa, poi la speculazione nei giorni successivi ha fatto il resto. Per come è fatta l’economia locale, questo ha fatto sì che decine di migliaia di cittadini genovesi abbiano perso la speranza di rivedere i propri risparmi, già abbondantemente uccisi dal crollo dei listini degli ultimi anni e in particolare del 2014.

Cercando su Google l’espressione “Genova ferita” si trova un numero significativo di ricorrenze, quasi a indicare che ormai l’aggettivo è parte integrante del nome della città sui giornali. Un po’ dispiace perché è vero, ma nonostante la caparbietà dei genovesi non si vedono davvero vie d’uscita: non c’è lavoro e ormai non ci sono quasi più aziende locali, si è isolati dal resto d’Italia a causa delle montagne, si è sempre vittime di disastri ambientali. Poveri genovesi.

Subsonica vs. U2 (e Depeche Mode)

17 Ottobre 2014

Mentre in tutto il mondo si alzavano allo stesso tempo la curiosità verso i nuovi prodotti Apple e gli insulti verso la forzatura dell’album Songs of Innocence “imposto” a tutti i clienti di prodotti Apple, io correvo a verificare l’effettivo download (cosa niente affatto banale) del disco sul mio iPad. La curiosità derivava dall’assenza degli irlandesi dalle scene da diversi anni; avevo appuntato proprio su questo blog l’ultimo contatto indiretto.

Nelle ultime settimane ho perciò ascoltato parecchio il CD (si potrà chiamare così?), gustandone diverse canzoni: ho iniziato a canticchiarne qualcuna sotto la doccia e alzato di una tacca il volume su Volcano, che non è affatto male. In generale il giudizio è positivo e per inciso pare che poi i download effettivi siano stati parecchio meno rispetto ai potenziali 500 milioni: “appena” 28 milioni, chissà quanti davvero “coscienti”.

Nel frattempo il disco è uscito in versione integrale e ci sono rimasto male: costa parecchio in entrambe le edizioni disponibili e non è possibile “scontare” il fatto di aver scaricato quelle regalate prima, che quindi ora bisognerebbe ricomprare. A questo punto tutta l’operazione ha assunto un ulteriore manto di assurdità, anche se come dicevo la qualità complessiva del disco me ne abbia fatto parlare spesso agli amici.

Coincidenza ha voluto che a fine settembre i Subsonica abbiano rilasciato il nuovo disco, con un paio di Euro di sconto per il pre-ordine su iTunes. Visti gli infelici passati col sistema, ho esitato un po’, poi ho ceduto: un po’ da fan, un po’ per curiosità dopo il “tiro” di Lazzaro, singolo molto sentito in estate. Ora ho ascoltato Una nave in una foresta ormai diverse volte, quindi un’idea me la son fatta e non è troppo esaltante.

Se fosse stato un disco di quelli imperdibili, probabilmente nei miei weekend solitari a Milano sarebbe stato un ascolto continuo, a ripetizione, un po’ come era avvenuto con L’eclissi, a più riprese. Invece ho iniziato ad alternarlo a quello degli U2 e persino a vecchi dischi della mia libreria, dei Subsonica stessi o di altri. Non che manchi qualche canzone carina; ma così a occhio (o “a orecchio”) niente di davvero indimenticabile.

Immagino che alla fine imparerò a memoria i testi come avvenuto per gli altri dischi: un passaggio involontario ma progressivo, anche se quest’anno, rispetto anche solo a quando ero a Genova, sto ascoltando molta meno musica in mobilità. Sarà che cammino poco o nulla a Sondrio, quindi c’è stato un crollo nell’uso degli auricolari; a Torino ascoltavo molto Delta Machine dei Depeche Mode. Quello sì che è un disco da riascoltare.