Consulenza sì o no?

14 Dicembre 2014

Tra le tante strade di cui scrivevo un mese fa alla fine ho scelto di percorrere quella più insistente, andando per la prima volta a fare un colloquio in un’altra società di consulenza, peraltro la nostra peggiore nemica e probabilmente la leader di mercato. O meglio la leader di diversi mini-mercati, visto che il mondo è sempre più frammentato in termini di competenze, industry e tecnologie. Quindi alla fine ognuno si specializza su una o più di queste intersezioni, compresi io e i miei.

Questo ovviamente fa gola a chi sta dall’altra parte del ponte levatoio. Essere bravi nella propria nicchia vuol dire assicurare direttamente alla propria società un fatturato di qualche milione di Euro col proprio team e probabilmente qualche altro indirettamente. Quindi probabilmente sono al livello giusto di seniority per fare la differenza nella super-nicchia e magari anche in quelle limitrofe, come i nostri mi hanno invitato a fare, quasi a mo’ di sfida professionale per il futuro.

Fin qui la parte appariscente di tutta la faccenda. Ma i lettori della Cuccia sanno che questa storia della consulenza mi rode dentro da quando è iniziata proprio dieci anni fa, a dicembre 2004. Negli anni prima tra tesi di laurea e master vari i miei lavori erano sempre stati molto indipendenti e comunque lontani dal concetto di consulenza così strutturata come quella vissuta dopo; ora cosa vuol dire “consulenza” l’ho capito bene, anche se poi ci sono tante sfumature sul mercato.

Il colloquio è stato interessante proprio per capire la “loro”, di sfumatura. Perché una volta c’era la consulenza direzionale e la creatività: loro hanno provato a creare un ibrido delle due, ovviamente calato sul digitale (anche perché purtroppo la comunicazione pubblicitaria tradizionale temo stia morendo). A loro svantaggio va che essendo una società da 300.000 persone non è così facile crearsi un proprio ruolo e una propria identità, specie in confronto all’attuale gruppo da 4.500.

Non mi chiudo la strada perché sono anche curioso di vedere cosa proporranno; male che vada li userò come una clava per chiedere “altro” nel posto in cui sono già. In ogni caso il tarlo rimane: è vero che ormai dopo tanti anni questo lavoro lo faccio a occhi chiusi, ma è davvero quello più adatto a me? Se sì, ha senso continuare a fare carriera, sapendo che diventerà sempre più commerciale? Se no, ha senso guardarsi intorno e cambiare, buttando tutto nel cestino?



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