Quanto dura la vita?

29 Febbraio 2016

L’altro giorno è morto un Partner a 43 anni. Non lo conoscevo di persona, ma di fama: un buon lavoratore, andato in Germania ormai qualche anno fa per fare lo startup del nostro gruppo. Pare sia morto per un infarto, qualcuno ha azzardato legato allo stress lavorativo. Ma in questi casi è facile tirare le conclusioni, visto che il nostro lavoro si presta a questo tipo di preoccupazioni.

Avevo appuntato qui qualche mese fa le storie di Franco e S., colleghi anche loro, scomparsi prematuramente probabilmente causa fumo. Vedo ogni tanto qualche amico o collega scrivere sui loro profili Facebook e ogni volta è una coltellata. Mi dispiace pensare alla loro assenza, ma non oso nemmeno immaginare il dolore lacerante delle loro famiglie, quotidiano ed eterno.

Una ricerca scientifica ha dimostrato che anche fattori meno scontati rispetto a sedentarietà, alcool e fumo accorciano la vita: ad esempio dormire più di 9 ore a notte (caso piuttosto remoto per quanto mi riguarda). Ma la cosa interessante della ricerca è che ciò che accelera la fine è la combinazione di più fattori: quindi non basta condurre una vita solo “superficialmente” sana.

Vabbé passerà anche questo momento di depressione; ma in fin dei conti forse è meglio ce ne siano tanti, tanti altri perché questo vorrà dire che la mia vita sarà lunga. Ecco, magari anche intervallati con qualche periodo di felicità, mia e delle persone cui voglio bene davvero. Certo, poi resta il dubbio che con questo lavoro e questo stile di vita assurdo la cosa non sia così scontata.

Campione olimpico di salto del pasto

15 Febbraio 2016

Quando questa stressante ecatombe dentistica sarà finita (finirà?) ne scriverò meglio qui sulla Cuccia; ora, per non farvi leggere solo di medici e di dentisti per mesi, cambio argomento. Visto che, tra un’estrazione, una devitalizzazione e un’otturazione, di cibo tra le mie fauci ultimamente ne sta passando poco, almeno ne parlo. Come faccio spesso dal vivo, da bravo italiano. Anche se il fatto che mi piaccia mangiare probabilmente non è una grossa novità; ho già scritto dei miei tentativi di dieta o dalla noia da ristorante mediocre che mi aveva travolto a Sondrio e che mi ha fatto amare ancora di più la possibilità di cucinare da soli, anche se a Milano lo faccio relativamente poco.

Rispetto alle grandi cucinate nelle belle cucine a mia disposizione di Bergamo o Genova (ma anche rispetto alle ridotte possibilità di Padova, Torino, Nizza), di fatto sto usando solo il microonde: che mi ha fatto regredire allo stadio di single caricaturale, quello che mangia noodles (mai fatti prima in vita mia), Simmenthal e risotti in busta Knorr. Tutto sommato vale comunque la pena: nel weekend alla fine godo la flessibilità di poter scegliere quanto e cosa mangiare in base al mood. Durante la settimana invece le cose vanno peggio: se sono in trasferta spesso mangio a cena al ristorante e faccio colazione al mattino; ma in generale difficilmente pranzo, tranne quando sono dai miei.

Mi è chiaro che saltare i pasti possa portare varie conseguenze; ma devo dire che tutto sommato l’idea di una colazione abbondante al mattino e di una cena decente la sera non mi dispiace. Trovo terribili i classici tentativi di pranzo “col panino” che vedo a Milano ma non solo; quando proprio sono costretto mi rifugio su un’insalata o una piadina, ma sinceramente la qualità è raramente decente. Mi sono fatto una certa fama su questa storia dei pranzi saltati: non sarà salubre, ma a guardare la faccia dei ragazzi che lavorano con me quando tornano dalla pausa pranzo mi domando chi gliela faccia fare. Non cito nemmeno il tema costi e le furberie inventate dai ristoratori.

Rimane il punto che sarebbe bello staccare, anche senza pranzare. Qualche volta capita, anche se poi finisce come la scorsa settimana quando “per staccare” ho accompagnato dei colleghi al bar interno del Cliente e poi sono scappato col mal di testa per il troppo chiasso. Rimango perciò il (triste) campione olimpico di salto del pasto, pranzo in primis; ripenso con un po’ di nostalgia ai pasti con Eva in India e al fatto che i viaggi sono belli anche per la possibilità di provare cose nuove, che sicuramente fa venire la voglia di assaggiare qualcosa anche quando non si ha troppa fame. Nella vita quotidiana, invece, piuttosto che all’incubo-panino cedo all’illusione della cena che verrà.