Mercificazione

30 Maggio 2016

Il 22 (!) maggio abbiamo fatto le pubblicazioni con una piccola cerimonia in Comune. Rimangono qualche foto un po’ bruciacchiata dal sole scattata dai parenti e bei ricordi dei sorrisi di Eva; poi una lunga cena in famiglia in un ambiente amichevole, qualche bicchiere di vino ed Eva vicino a me. Poi il giorno dopo io e lei nel sole di Pizzo, una nuova location per il matrimonio e l’arrivederci in aeroporto mentre io tornavo al nord. Spero sia stato solo il primo dei tanti weekend che passeremo insieme in questa primavera/estate in cui i preparativi per il matrimonio la fanno da padrone.

La delicatezza dei piccoli momenti di gioia con Eva è la parte che preferisco; dall’altra un enorme macigno organizzativo partito un paio di mesi fa e che ora è entrato in modalità corsa folle. Ma non sono l’intensità o la necessità di fare scelte a darmi fastidio; entrambe fanno parte del mio lavoro quotidiano e non è un grande problema mantenere la calma. Quello che mi rende parecchio nervoso, invece, è l’evidente mercificazione del tutto: qualsiasi dettaglio, qualsiasi idea, qualsiasi tentativo di realizzare un desiderio o trovare la propria strada in mezzo alle tante opzioni massificate.

Sento una specie di continuo assalto alla diligenza: sopra io ed Eva sballottati, intorno i fornitori con le frecce che cercano di infilzarci. Amici e parenti mi dicono: ma sì che te frega, spendi e spandi, tanto capita una volta sola nella vita. Io alla fine sto spendendo e spandendo, ma mi riservo di mantenere etica e sguardo critico: preferirei sicuramente dare le molte migliaia di Euro spese in beneficenza. L’unica consolazione è che, svolgendosi il tutto in Calabria ed essendo i fornitori sono quasi totalmente calabresi, almeno un po’ di denaro possa rimanere nelle mie terre disastrate.

L’esasperazione è comunque il segno di un malessere più ampio: sono davvero stanco della continua mercificazione dei sentimenti che incontro nella vita quotidiana. Tutto viene definito in base a quanto spendi, a come ti vesti, a dove vai a mangiare, a che automobile guidi. Leggo che la maggioranza dei ventenni americani non sostiene più l’idea del capitalismo (nemmeno quella del socialismo, ma questo è abbastanza scontato negli USA): al di là delle implicazioni politiche, io mi ero arreso da un pezzo ma ora inizio a illudermi che le nuove generazioni possano cambiare davvero.

Qualche anno fa Federico Pizzarotti mi parlava di decrescita felice e altre iniziative simili; io ingenuamente mi domandavo cosa gli passasse per la testa, mi chiedevo il perché dover rinunciare a tutto ciò che faticosamente si ottiene coi guadagni di ogni giorno. Oggi si parla tanto di millennials e le aziende sono terrorizzate dal fatto che non comprino più automobili o appartamenti; al di là del fatto che potrebbero essere miei figli, io li capisco abbastanza. Faccio il tifo per loro anche se di fatto faccio parte della categoria di dinosauri che spazzeranno via, a furia di non comprare.

Orologio biologico

15 Maggio 2016

Con una risposta piuttosto secca a una lettrice, il giornalista di Internazionale Claudio Rossi Marcelli ci ha ricordato come l’intera idea dell’orologio biologico sia il classico concetto imposto dalla società più che una realtà biologica; non sono però così convinto che sia legata agli effetti del post-femminismo in Occidente.

La sindrome dei ho-30-anni-mi-devo-sposare è comune a tutte le donne che ho conosciuto ovunque nel mondo; il passaggio successivo, quello del ho-quasi-40-anni-devo-avere-un-figlio-a-tutti-i-costi, forse si sente di più quaggiù semplicemente perché sono maggiori le possibilità economiche di aver figli in tarda età.

Le primipare attempate sono ormai la norma e noi potenziali padri spesso siam più vecchi di loro; probabilmente anche se non lo ammettiamo anche noi abbiamo un bel pezzo di responsabilità nell’esasperare le nostre compagne. Conosco almeno un paio di quasi-quarantenni che non pensano ad altro e stressano le mogli.

Magari farò anch’io lo stesso tra qualche mese, anno, lustro. Le priorità della vita cambiano e, orologio biologico o meno, probabilmente a un certo punto avrò sulle spalle la scimmietta conto terzi. Peraltro coloro che incrocio nella vita quotidiana con la scimmietta appoggiata sono tutti sposati e più giovani di me.

Se un giorno avessi davvero la possibilità di avere un figlio, avrei un solo desiderio: vederlo nascere e crescere sano. Eva, che sulle cose della vita quotidiana è forse un po’ più pratica di me, dice che se non ne potremo avere figli, li adotteremo. Il che è probabilmente un metodo per fermare l’orologio con meno stress.