Finita a maggio l’esperienza assicurativa iniziata a Mogliano Veneto e completata a Roma, con giugno ho cambiato società, pur rimanendo nello stesso Gruppo. Teoricamente dovrei sentire meno il vincolo di lavorare solo su banche e assicurazioni e soprattutto dedicarmi meno al digital in favore di formazione e contact center. Lo so, è uno strano mix, eppure potrebbe continuare a funzionare per quella che ora è una società di 5 persone che col mio arrivo dovrebbe avviare un percorso di crescita rilevante. Gli obiettivi sono sfidanti già dal 2017 ma diventeranno ancora più significativi nel 2018: d’altra parte la maledizione della consulenza è che “crescere” vuol dire acquisire via via ruoli più commerciali. Nella società precedente la sensazione è che la crescita fosse proprio impossibile: soprattutto, però, il rischio di rimanere legato per sempre allo stesso ruolo comportava un forte mix tra “delivery” e appunto attività di vendita.

Delivery fatto soprattutto su progetti lunghi, in giro per l’Italia, come i tanti post sui tanti posti in cui ho vissuto hanno dimostrato in questi anni. Temo che la componente di delivery non la lascerò alle spalle; anzi la dimensione molto ridotta della società potrebbe portare a seguire attività anche molto di dettaglio. Ma così a occhio i progetti sono più piccoli e comunque poter lavorare in un ambiente da semi-startup può anche voler dire contribuire a dare la propria impostazione strategica. Certo il legame con la vecchia società, sempre la stessa da dicembre 2004 a maggio 2017, è difficile da recidere: i clienti e soprattutto i prospect sono spesso gli stessi, le tematiche sono contigue anche se spero si troverà un modo di collaborare. Il legame poi è di fatto consistente in relazioni personali, quindi sarebbe davvero brutto buttare i bambini delle piccole amicizie lavorative nell’acqua sporca della mancata prospettiva di carriera di lungo termine.

Legame talmente forte, almeno per questi primi mesi, da essere stato invitato al “loro” evento estivo, in Riviera Romagnola. Era un po’ che non li frequentavo, dopo esperienze traumatiche come quelle dell’outdoor a Madonna di Campiglio o del canyoning vicino al Lago di Garda. Nelle varie edizioni invernali mi sono risparmiato sciate e gelate; a maggio ero tornato all’Isola d’Elba per un nuovo evento di Gruppo e mi ero rifiutato di fare canoa in mare, visto che non so nuotare. Stavolta invece è andata bene, le attività erano piuttosto semplici e con un minimo di sforzo fisico, ma soprattutto erano ben disegnate per sviluppare il team building: lo terrò presente per la mia nuova attività. Anche la location, Milano Marittima, è stata piuttosto tranquilla: per essere la mia prima esperienza in Riviera Romagnola, devo dire che mi sarei aspettato decisamente più “animazione” a luglio. Ma è pur vero che Cervia non è Rimini o Riccione.

Ieri sera, peraltro, con lo stesso spirito da osservatore pseudo-scientifico, ho anche provato l’esperienza discotecara: siamo andati al Pineta Luxury Hall, che non sarà famoso come il Cocoricò, ma è un club che si vanta di rivolgersi a una clientela più selezionata. E qui inizio a ridere a crepapelle: alla fine il posto era talmente minuscolo e affollato che la gente (banalissima e sudaticcia) stava tutto il tempo negli angusti salottini a bere acqua tonica e qualche superalcolico; altro che ballare, era tutto un guardare il cellulare e sognare di essere altrove. Peraltro io stesso pensavo a tutt’altro: ascoltavo la musica commerciale in sottofondo, guardando fuori dalla finestra il viale sottostante e pensando di voler essere a casa con Eva a carezzarle il pancione, invece di partecipare con degli sconosciuti all’ennesimo rito collettivo in cui bisogna recitare un grande entusiasmo. Senza essere non dico grandi, ma nemmeno mediocri attori.



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