Istinto di sopravvivenza

23 Agosto 2009

Il filo conduttore della prima parte del 2009 potrei definirlo “istinto di sopravvivenza”. Si tratta probabilmente di un fattore un po’ animalesco e poco intellettuale delle nostre vite da esseri umani eternamente di corsa, ma in qualche modo è ciò che, a posteriori, sembra aver guidato, a livello inconscio, le scelte che mi hanno permesso di sopravvivere e arrivare sin qui. Col tutore e dolorante, ma vivo.

All’inizio dell’anno ho bruscamente cambiato Progetto e in qualche modo lavoro, dopo 3 anni e mezzo dallo stesso Cliente e 2 anni e mezzo di Risorse Umane. Poco dopo è stato il momento del cambio casa e del cambio città: un trasloco “al buio”, con 13 valigie in partenza da Bergamo verso una destinazione temporanea a Milano ottenuta il giorno prima. Una sfacchinata terribile, fatta totalmente da solo e ovviamente comunque in periodo di lavoro.

Durante questi mesi in cui l’istinto di sopravvivenza mi ha tutelato dal punto di vista fisico, ha dovuto fare un bel lavoraccio anche dal punto di vista delle relazioni interpersonali. Tensioni col mio team al lavoro, dovute alle decine di giornate in giro per l’Italia; tensioni nella vita di coppia, nell’eterno tentativo di equilibrare il rapporto tra tempo al lavoro e tempo privato, con tanto di dolorosissima fine, senza appello, del rapporto stesso.

Eppure sono ancora qua, grazie all’istinto di sopravvivenza che mi ha permesso di attraversare indenne questo ottovolante. Lo stesso che, dopo la botta a Roma, mi ha fatto prendere l’aereo per raggiungere i miei genitori, che mi hanno aiutato come nessun altro avrebbe fatto. Lo stesso che citavo un anno fa di questi tempi, quasi a immaginare che sarebbero stati mesi in cui stare calmi e reagire tatticamente alle insidie del mondo.



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