Non ho mai posseduto/utilizzato un cellulare “alla moda”. Niente Motorola StarTac, niente Nokia N70, niente iPhone. Poi magari ho sempre invidiato un po’ i relativi possessori, per la mole di attenzione e servizi che il cellulare “di moda” di volta in volta ha fatto nascere e crescere. Stavolta però mi trovo per le mani un terminale che, sia a livello di brand (BlackBerry), sia per caratteristiche tecniche (es. touchscreen senza tastiera), è in linea con gli standard “alti” del mercato.

L’ultimo cellulare adottato, come ricorderete da una recensione che mi viene ancora rinfacciata, è stato il Nokia E61. Un cellulare dal software ostico, che nel tempo ho apprezzato più per l’affidabilità che per l’ergonomia. Il BlackBerry Storm è evidentemente frutto di una generazione successiva, ma ha la caratteristica opposta: discreta ergonomia, pessima affidabilità. Il che, per essere nato come un cellulare a pura vocazione business, non depone molto in suo favore.

Il post in cui annunciavo ladozione del BlackBerry Storm

Lo Storm ha un bel design sia a livello hardware che software. Sono un po’ perplesso per lo schermo “cliccabile”, ma è irrilevante: l’esperienza d’uso offerta da un terminale touchscreen, resistivo o capacitivo che sia, è un plus che qualsiasi hardware “moderno” dovrebbe avere. Il software disegnato ad hoc diventa facile da utilizzare; quello riadattato è mostruosamente difficile. Il tipico caso è il mio amato Opera Mini: la versione 4 è “per BlackBerry” e quindi KO, la 5 è “per Storm” ed è ottima.

Il problema, come si diceva, è l’affidabilità. Nei giorni migliori, lo Storm arriva a sera con la batteria esausta. In quelli più intensi, è necessario caricarlo ogni mezza giornata lavorativa, con evidenti problemi di performance legati anche al fatto che, una volta auto-spentosi, diventa un oggetto inutilizzabile per decine di minuti, sino al momento in cui riesce a recuperare almeno un 20% di carica. Per fortuna, come per altri BlackBerry è possibile la ricarica via cavetto USB.

Non ho mai avuto molta simpatia per i BlackBerry, soprattutto per il relativo sistema operativo. La RIM ha fatto un bel salto in avanti e lo Storm è un cellulare da consigliare a qualsiasi professionista, forse molto più dell’iPhone. Certo, permangono un po’ rigidità: una su tutte, l’impossibilità di “spegnere” la ricezione delle e-mail senza disabilitare del tutto il traffico dati. Traffico che, peraltro, deve passare obbligatoriamente tramite l’APN BlackBerry, vincolo piuttosto fastidioso.

Pare sia già in circolazione il prototipo dello Storm 2, che migliorerà i difetti del suo papà: l’imperdonabile assenza del Wi-fi (onore al citofono Nokia), la rigidità del touchscreen, la batteria che si scarica velocemente. Il mio contratto Vodafone prevede un paio d’anni di permanenza con lo Storm: alla fine, non mi dispiacerà adottare uno dei suoi discendenti. D’altra parte, fin quando qualcun altro non si inventerà qualcosa di significativamente diverso, RIM potrà dormire tranquilla.



One Comment to “BlackBerry Storm, tre mesi dopo”

  1. Pingback dall’articolo » Percorsi tortuosi | Dicembre 13th, 2009 at 03:55

    Il mio saggio BlackBerry Storm ha una funzionalità chiamata Audioboost, che regola il funzionamento del terminale nelle situazioni in cui si cerca di alzare il volume oltre il livello in cui inizia a diventare dannoso per le orecchie. Un messaggio ti blocca quando tenti di spingere oltre tale soglia, poi ovviamente sei libero di farti del male. Nel chiasso metropolitano arrivo sempre al livello massimo, raramente forzo mai l’alert. A volte però questo non basta: quando sei veramente arrabbiato e vuoi isolarti del mondo, hai bisogno di basso e batteria ad un volume che sì, faccia male. […]

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