Bloggers e nuvole

10 Febbraio 2010

Alcuni dei miei amici si aspettavano un articoletto qui sulla Cuccia simile a quello successivo alla scampagnata dei Marketing Blog Playoffs 2007:  nei giorni scorsi infatti ho partecipato al raduno dei tumblerari a Milano e così ho rivisto un po’ di persone che non incrociavo da tempo. Alcune mi hanno fatto piacere, altre mi hanno fatto venire l’acidità di stomaco; anche stavolta, comunque, come nell’incontro markettaro, ho conosciuto dal vivo persone che seguivo da tempo via blog/tumblelog, con grande felicità.

Non ho comunque voglia di scrivere oltre sull’argomento: come già era accaduto in occasione del LitCamp di Torino qualche anno fa, qualche superuomo e qualche superdonna di troppo mi hanno fanno sbuffare a proposito delle dinamiche tipiche della blogosfera italiana. Preferisco mantenere il mio profilo basso e staccare il più possibile le mie varie vite: quella professionale, quella familiare, quella virtuale. Gli amici derivano da ognuna di queste dimensioni, ma fa impressione quando si mischiano troppo, specie dal vivo.

Stasera sono stato a vedere Tra le nuvole e la mia reazione è stata un po’ quella di Jonathan Q. Arbuckl nella vignetta quassù. Con ancora nelle orecchie le storie dei bloggers ascoltate nel week-end, mi sono messo a riflettere sulle scelte della mia vita, sul senso di fallimento che si alterna prepotentemente all’entusiasmo, sul pessimismo degli ultimi anni superato dai momenti difficili degli ultimi mesi. Ovviamente, vista la profondità del film, è partito un vero e proprio confronto a tutto tondo col protagonista.

Il confronto con Ryan Bingham è affascinante perché è un consulente in ambito Risorse Umane come lo sono stato io a Roma ed a Bergamo; ho emesso sospiri di sollievo sul fatto di lavorare in un contesto tutelante come quello europeo e non negli Stati Uniti. I drammi morali tipici di chiunque si occupi di ristrutturazioni aziendali dipinti nel film li conosco bene: certo, il suo lavoro è decisamente più drammatico del mio, visto che nel film ha a che fare direttamente con le persone “da efficientare” e non coi numeri.

Continuerò a pensare molto a questo film nelle prossime settimane: contiene degli spunti importanti per chi conduce una vita come la mia e penso siano pochi in Italia a potersi riconoscervi quanto me. Mi spinge a riflettere sulle scelte professionali intrinseche alla scelta di lavorare in consulenza e non in azienda; muove però anche i miei sentimenti, costringendomi a meditare su quanto il mio lavoro stia condizionando la vita privata. Così passo le ore tenendomi la testa e riflettendo, in attesa dell’ultima vignetta vuota.



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