Arriviamo tranquilli, io e mia sorella, all’Aeroporto di Lamezia Terme. Sono le 6 e un quarto della sera di una domenica primaverile ed i nostri genitori ci accompagnano premurosamente al nostro volo comune per Roma, con successiva diramazione delle tratte successive. La tranquillità deriva anche dalla possibilità di fare il check-in al banco dedicato Alitalia, che ovviamente non ha troppa fila: faccio passare lei, poi rapidamente è il mio turno. L’hostess inizia a sudare freddo: il mio volo per Bologna ha cambiato aeromobile ed ora non c’è più posto, nonostante manchino oltre 3 ore alla partenza.

Intuisco che il mio primo esperimento di volare su Bologna invece che su Milano per raggiungere prima la sede del Cliente a Reggio Emilia non avrà molto successo; come beffa, dopo mezz’ora di attesa ed un salto in biglietteria Alitalia, il check-in viene eseguito proprio per Milano Linate. Imbarco senza speranza la valigia e non a caso, quando arrivo a mezzanotte a Linate con ampio ritardo, non la ritrovo affatto. Dopo file immense per le varie denuncie di smarrimento (praticamente tutto il Roma-Milano senza valigie), parto con una decina di persone in autobus per l’aeroporto di Bologna.

Mano a mano racconto le mie vicissitudini su FriendFeed, trovando orecchie amiche che mi consolano e mi sostengono, fino all’arrivo in treno (quasi alle 5 del mattino) a Reggio Emilia. Penso di essere stato sfortunato, ma ripenso a situazioni come la notte in aeroporto a Reggio Calabria ed inizio a sospettare che le situazioni assurde siano all’ordine del giorno. In effetti, leggendo assiduamente Giusec & frienz, mi rendo conto che i frequent flyers sono in balia continua degli imprevisti, che vanno dalle condizioni meteo alla perdita della valigia le uniche volte in cui non si ha il solo bagaglio a mano.

The Economist ha pubblicato questo banner nelle scorse ore sul proprio sitoPoi guardo il banner che The Economist ha pubblicato nelle scorse ore e penso che stavolta siamo ad un evento epocale per l’aviazione civile. Penso che il problema “logistico” di una delle riviste più importanti del mondo in questo momento lo stiano vivendo migliaia di imprese; da un lato, l’impossibilità di trasportare in tempo merce deperibile, dall’altra milioni di persone bloccate dal tornare in ufficio dalla trasferta o dalla vacanza. Dobbiamo essere felici che questo mega-blocco abbia colpito nel week-end: se continuerà da lunedì in poi, alcuni danni diventeranno memorabili.

Altro che 11 settembre, qui si sta parlando di decine di migliaia di voli aerei annullati in questi giorni e soprattutto senza troppo certezza sulla fine dell’emergenza. I rischi per gli aerei sono tali che da un lato ci si rende conto della delicatezza di questi bestioni volanti, dall’altro si ringrazia il sistema internazionale per essere così cautelativo da bloccare i voli prima che si possa verificare anche il minimo disguido. Certo, se a questa cautela si aggiunge la normale disorganizzazione che regna in scali come Roma Fiumicino, il tutto si fa troppo ingessato per essere efficiente.

Cosa succederebbe/succederà se la situazione di stallo perdurasse per qualche mese? Sicuramente molte delle nostre abitudini muterebbero: lavoro, vacanze, gestione delle emergenze cambierebbero volto e dovremmo imparare a gestire diversamente molte delle nostre attività, tranne una, la vita in Rete. Quella, bello o brutto da dirsi, è una delle poche cose che non risente dei voli interrotti: si può continuare ad inviare e-mail di lavoro o di piacere, fare videoconference tra colleghi e chiamate via IP tra fidanzati, condividere informazioni sui social network. E leggere The Economist.



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