Contrariamente all’anno scorso, al termine di quest’estate non provo nemmeno a fare dieta. Come ogni anno agosto è stato il mese in cui, tra buona cucina casalinga dai miei e ristoranti in giro turistico, la panza cresce cresce cresce. Probabilmente persino più che nelle vacanze natalizie, complice la maggior durata del periodo di relax. In mezzo ai due picchi ci sono queste settimane autunnali di maggiore calma culinaria: il che è un paradosso, visto che quando i mesi in questione li passo in trasferta (cosa che, parzialmente o totalmente, avviene da una decina d’anni), non mancano tante visite al ristorante: più o meno 4 cene alla settimana e qualche pranzo ogni tanto; quando sono in albergo, on top c’è anche la colazione. Il che lascerebbe supporre la crescita della classica “panza da trasferta”, che contraddistingue consulenti ovunque in Italia.

Settimana scorsa Eva era a Sondrio per vivere una settimana insieme con ritmi lavorativi; di giorno io e di sera lei, col tempo fuori altalenante. Considerando il trittico colazione/pranzo/cena, in pochi giorni ero esausto: per quanto mi piaccia mangiare e nonostante prendessi solitamente non più di un piatto per pasto, mi son resto conto di non riuscire a mangiare così tanto fuori come sulla carta sarebbe bello fare. Volutamente o meno, il mio corpo si auto-regola. Quando ordino al ristorante spazio tra pasta, pizza, carne e verdure in base al feeling del momento, con al massimo qualche dolce a contorno nelle cene che lo richiedono (tipicamente, qualcosa per togliere il sapore forte dei piatti precedenti). Ciò nonostante, qualche volta capita di esagerare e di pentirsene, anche se toccando ferro non soffro come ai tempi dell’EGDS.

Calvin vs. food

Bisogna dire poi che in mezzo a tanti ristoranti provati in giro per l’Italia, pochi risultano davvero eccellenti o almeno buoni. Spesso la qualità è quella che è, il servizio è spiccio e l’ambiente non concilia. In un contesto così anche il mio gusto fatica a evolvere, quindi ho perso un po’ di entusiasmo nel confronto del “mangiare fuori”. Forse la modesta qualità media dei ristoranti di Sondrio un po’ mi fa tendere a questo pessimismo; non tanto la monotonia, visto che non è vero che si mangiano solo pizzoccheri. Nei primi mesi dell’anno a Torino le cose non erano andate malissimo e tutt’ora, come è accaduto lo scorso weekend con Eva, riesco a trovare laggiù posticini interessanti; qui in Valtellina per ora è più un tirare a sopravvivere o al massimo rilassarsi a cena coi colleghi piuttosto che gioire fino in fondo dei piaceri dei ristoranti visitati.

Nelle prossime settimane dovremo negoziare l’eventuale continuazione delle attività su Sondrio fino a fine 2015; si tratta in fondo di un processo già visto altrove (molte somiglianze con l’andamento a Genova) ma non ho lo stesso entusiasmo delle volte precedenti. Da un lato pesa tanto l’assenza di un’abitazione e la permanenza in albergo, che implica la difficoltà di “affezionarsi” alla città; dall’altro sono piuttosto preoccupato delle possibili evoluzioni del rapporto con Eva, visto che la burocrazia ci sta ostacolando a più non posso. Quindi guardo con curiosità ai prossimi mesi, sperando di trovare finalmente ristoranti imperdibili anche quaggiù e fantasticando di poter vivere con Eva e mangiare a casa con lei delle cose buone, che ci piacciono, preparate da noi. Chiamatelo desiderio di normalità, oppure nausea da ristoranti e pizzerie.



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