Non è che voglia fare quello nostalgico a tutti i costi: ma ancora oggi mi capita di ascoltare musica degli anni Novanta e trovarla notevole. Il rap italiano, ad esempio, aveva sfornato talenti importanti, anche se poi molti di loro hanno preso una deriva molto pop. Oggi continuo ad ascoltare hip hop nella nostra lingua ma a volte incappo in personaggi e sonorità imbarazzanti.

Una bella eccezione è Ghemon, che mi riporta un po’ alle atmosfere “bolognesi” di quei tempi: bei testi, belle basi, un minimo di sonorità catchy che non prendono la piega tetra del trap tanto di moda. Non conosco tutta la sua produzione, ma Orchidee è un disco davvero notevole, perfetto da essere ascoltato con gli auricolari mentre girovago a Roma e non solo.

Avevo inserito una versione live di Da lei (con lo scudo e la spada) nella playlist matrimoniale: bella interpretazione e testo romantico-contemporaneo. Altre canzoni come Quando imparerò, Adesso sono qui o Pomeriggi svogliati sono stati successi popolari. Ma c’è un’altra canzone che in questi mesi mi torna molto spesso in testa: Fuoriluogo ovunque.

Al di là della sensazione di essere appunto fuori tempo e fuori posto descritta a dicembre, ci sono alcuni passaggi che mi ricordano molto gli ultimi mesi, soprattutto quelli da “pendolare” tra Roma e Mogliano Veneto: i viaggi in taxi e aereo, le promesse sempre a rischio, gli hotel, il portafoglio pieno di scontrini, la voglia costante di tornare tra le braccia di Eva.

Cappuccio in testa e giù dal taxi dove quasi dormivo,
ma sono schivo, quasi le sette, ancora l’alba ed io scrivo
dei graffi che lascio partendo e i baci che vorrei all’arrivo
stringo gambi con spine e rami d’ulivo
Le valigie in giro
e le promesse di portarla al mare un giorno prefestivo
si vanno a fare f******
e lo so che sto mentendo a me per primo
è il tipico comportamento passivo aggressivo.
È la stessa storia ripetuta sempre
faremo poi, ma viviamo mentre
solite feste piene di gente
Che c**** ci trovano di divertente?
Copione fisso: mi presento tardi e so che ritorno in hotel
prima del previsto
impenetrabili gli occhi al soffitto
nel buio pesto, zitto, rovisto

Lei mi chiama e sento la sua voce che esclama:
“Torna a casa da chi ti ama!”
Lontana, con una nostalgia che mi sbrana
“Torna a casa da chi ti ama!”

I ricordi che ho cancellato non li posso contare
il mio lavoro tiene lontane le persone care
ed è singolare che non riesca più a pensare al singolare
non sono poi egoista come appare
Fuori guardo il mondo dietro a un oblò o dai finestrini,
adesso un’orchidea ha presto il posto dei coinquilini
arrivi a trent’anni ma poi vai in crisi, acquisti sicurezza
ma il portafoglio è pieno di scontrini.
Check in, check out, c’è più disincanto
nel raccontare storie sul palco quando canto
Se mi ricordo come mi chiamo è già tanto
sennò guardo il nome in alto sulla carta d’imbarco, ma
ogni giorno qui è un esame
e mi sta stretto come i jeans di un denim designer,
rotaie, catrame, voglio poter stare con lei, ok?
Amen.

Lei mi chiama e sento la sua voce che esclama:
“Torna a casa da chi ti ama!”
Lontana, con una nostalgia che mi sbrana
“Torna a casa da chi ti ama!”

Lei mi chiama e sento la sua voce che esclama:
“Torna a casa da chi ti ama!”
Lontana, con una nostalgia che mi sbrana
“Torna a casa da chi ti ama!”

In futuro ci saranno altre canzoni e altri cantanti, altri album e altre melodie che mi ricorderanno periodi specifici della mia vita: probabilmente, quando penserò a quel primo anno di matrimonio, alla prima gravidanza e ai piccoli e grandi viaggi fatti con Eva, penserò a delle orchidee, quelle comprate per lei e sua madre, ma anche e soprattutto a quelle di Ghemon.



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