Inglese, tutto il giorno

29 Maggio 2020

L’aspetto più distintivo del nuovo lavoro da inizio anno è l’uso estensivo dell’Inglese. Durante il lockdown, ho fatto decine di videoconference, specie coi tedeschi, in Inglese. Anche ora che sono tornato quasi full-time in ufficio, la totalità dei documenti e un numero significativo di e-mail sono in Inglese. Anche quando faccio il ghost writer, ormai, scrivo principalmente in Inglese. Togliendo il tumblelog e i blog, il numero di occasioni in cui mi esprimo in italiano è ridotto. A volte si riduce alla telefonata serale alla mia famiglia.

A casa, d’altronde, si parla più o meno Inglese. Dico “più o meno” perché sì lo so che state pensando che per il bene di Margherita io dovrei parlarle in Italiano e la madre in Inglese, per renderla bilingue dall’inizio; ma invece per la maggior parte del tempo parlo a sua madre e sì, in quel caso al 100% parlo in Inglese. Ma lo faccio a modo mio, visto che purtroppo è sempre stato e sempre sarà uno dei miei punti deboli. Se penso che ho buttato 8 anni tra scuole medie e superiori a studiare Francese, mi piange il cuore.

Non che il Francese mi stia antipatico, anzi: se mio padre l’avesse parlato a me da bambino, ora sarei bilingue anch’io, come lui. Il problema delle lingue è che muoiono senza usarle su base quotidiana: chi ricorda più quanto imparato alle lezioni (volontarie, fuori curriculum) di Spagnolo all’Università? Quindi ora mi rimangono solo l’Italiano e l’Inglese: visto l’uso frequente della seconda, a volte finisco per pensare direttamente come un americano scilinguato. Non dico un britannico per decenza, visto che suono ridicolo.

Ci provo duramente, ma mi rendo conto di non essere l’unico la cui qualità del lavoro crolla verticalmente se deve usare una lingua diversa dall’Italiano. Vedo colleghi bravissimi esprimere concetti banali e scrivere documenti decisamente meno efficaci; io faccio altrettanto e peggio, probabilmente. Sin dalla prima volta che ho parlato di Eva quaggiù, ho citato il suo grande aiuto nel migliorare il mio uso della sua lingua madre; ma non basta ancora, certo non per colpa sua. Sono io quello incapace di fare il salto di qualità.