La Rappresentante di Lista

13 Febbraio 2022

Cosa rimarrà di Sanremo 2022? I buoni ascolti con cui confrontare le annate successive? Il ritorno in gara di dinosauri come Massimo Ranieri e Gianni Morandi? La lagnosa Brividi di Mahmood e Blanco che ha vinto? Secondo me solo Ciao ciao, il brano dei La Rappresentante di Lista.

Il duo era già stato lo scorso anno sul palco del Festival con Amare, un brano in cui forse si sentiva troppo la mano di Dardust, che sarà anche un genio ma tende a uniformare le sue produzioni. La Rappresentante di Lista è un vulcano di creatività e pare brillare soprattutto in autonomia.

La loro carriera va avanti da anni anche grazie alla voce pazzesca della cantante Veronica. Ci sono gemme ovunque nella loro produzione: la prima canzone omonima, l’uso delle lingue straniere e le citazioni eccentriche a mo’ di Battiato, l’uso della voce di Dario in pezzi come Fragile.

Il loro disco My Mamma dello scorso anno è stato ripubblicato, integrando la terribile cover di Be My Baby e soprattutto Ciao ciao. Il brano è più di un tormentone: entra in testa come un tarlo grazie alla ritmica e poi ti fa pensare per le parole, meno ovvie rispetto al primo ascolto all’Ariston.

Penso che Ciao ciao sarà ovunque nei prossimi mesi: dalle classifiche di streaming alle feste di Carnevale, dai servizi in TV agli eventi estivi. Sono felice che il gruppo siciliano abbia avuto questa chance e l’abbia sfruttata bene: meritano tanto successo e molte orecchie ad ascoltarli.

Salgono i casi, salgono i prezzi

31 Gennaio 2022

L’inflazione è arrivata a livelli che non si vedevano dagli anni Ottanta. Le banche centrali e i governi dicono che sia anche ovvio e salutare, dopo gli shock di marzo/aprile 2020. I tassi di interesse sono ancora bassi: ma difficilmente resteranno tali molto a lungo. Il che comporterà ulteriori turbolenze sui mercati e nelle nostre vite quotidiane.

Nel frattempo, d’altronde, crescono anche i casi di Coronavirus. Se un anno fa parlavo qui di iper-inflazione, di sicuro non potevo immaginare che con tanti vaccini nelle nostre vene saremmo arrivati a 200.000 casi al giorno. La scuola materna di Margherita è di nuovo chiusa per quarantena, in maniera non dissimile da altre volte in questi due anni.

Spero vivamente che quest’ondata da 10.000 morti al mese si calmi, anche se probabilmente nel frattempo tutti in qualche modo contrarremo una delle mille varianti del virus. Le interazioni nella vita quotidiana sembrano quelle di sempre, seppure con un sacco di mascherine all’aperto e al chiuso e la perdurante impossibilità di viaggiare seriamente.

In questa “normalità” un po’ artefatta, una delle differenze è che la frutta, la verdura e altri prodotti primari sembrano ogni giorno più cari: poco cambia essere al nord o al sud, in città o in paese. Ulteriori ondate comporteranno ulteriori crisi del personale in settori cruciali come l’agricoltura e l’industria, con possibili ulteriori impatti negativi sui prezzi.

Sembra la spirale perfetta, difficile da disinnescare. Salgono i casi di Coronavirus, salgono i prezzi, sale la tensione sociale. In Italia ci aspetta un (ulteriore) anno di campagne elettorali, in vista delle elezioni politiche del 2023. Nel frattempo ci sarà auspicabilmente un’altra estate con meno casi, come le precedenti: ma chissà come sarà il prossimo inverno?

Mi trasferisco, anzi no, forse invece…

30 Dicembre 2021

Il tormentone di queste feste natalizie in famiglia è l’indecisione su cosa fare nel breve termine, fomentata da domande che ronzano di continuo in testa e nei dialoghi. Dove vivere? Che fare coi miei genitori, che stanno invecchiando? Che fare con Margherita, che sta crescendo? Che fare col mio lavoro? Ha senso stare tutti così sparpagliati?

La cosa è in realtà in corso da mesi nella vita di tutti i giorni, ma la vita in comune in Calabria regala sempre accelerazioni, in un senso o nell’altro. Un giorno prendo la decisione irrevocabile di svuotare casa a Pero e trasferirmi seduta stante in Calabria. Il giorno dopo penso che no, questo probabilmente non avverrà mai. E così via, ad libitum.

A soffiare sul fuoco ci sono tanti fattori. C’è la nostalgia dei miei genitori, il voler trascorrere tempo con loro prima che sia troppo tardi. C’è la felicità unica che vedo in Margherita quando è insieme a loro. C’è una sorta di rilassatezza rispetto alla carriera, che ora non mi sembra un tema particolarmente interessante per il mio futuro.

Ci sono anche parecchi elementi che portano turbolenza, tuttavia. Per quanto sia terrorizzato dall’idea di Margherita che cresce a Milano, non sono sicuro che costringerla alle sofferenze del me stesso liceale sia una buona idea. C’è anche una certa ritrosia sulle scelte abitative: vorrei offrire a Eva qualcosa di decente, vivibile nel lungo termine.

In questo andirivieni di decisioni che cambiano di giorno in giorno, mi godo le feste di fine anno in famiglia, pur senza i bei banchetti che si vedevano tutti gli anni, prima dell’era-Covid. La fine della scuola materna di Margherita si avvicina ed è la prima barriera forte per prendere qualche decisione, ma non posso farlo da solo.

La “carriera” è sopravvalutata?

28 Novembre 2021

Fioccano gli articoli sul fatto che la “great resignation” innescata da Covid-19 sia la fine del concetto di “carriera” tanto cara a molti di noi, soprattutto nel terziario. Sostanzialmente, il punto di molti analisti è che la pandemia abbia squarciato il velo sulla bassa qualità della vita di molti lavoratori: a quel punto molti si sono guardati intorno e hanno capito che le promesse di “carriera” erano spesso fittizie. Tanto valeva mollare la barca.

Per molti è sicuramente così. Per altri, l’equilibrio lavoro/casa sperimentato durante i lockdown ha aperto nuove possibilità di passare più in tempo in famiglia. Per altri ancora, le restrizioni e la mancanza dei rituali precedenti (uno su tutti: i viaggi di lavoro) sono risultati così pesanti da essere entrati in crisi di identità. Non c’è una risposta unica a sensazioni, situazioni e compromessi inimmaginabili meno di due anni fa.

Certo, anch’io oggi penso che la carriera sia sopravvalutata, ma potreste rinfacciarmi diversi articoli di questo blog in cui fremevo di crescere professionalmente. Personalmente si è trattata di una maturazione iniziata prima del Coronavirus: è arrivata dopo un po’ di sportellate prese in faccia, ma anche dall’osservare alcune vite di colleghi e amici sacrificate sull’altare del lavoro, spesso a scapito di mogli e figli.

Quindi? Niente più carriera? Sarei ingenuo a pensarlo. Potrei pensarlo per me stesso, riconoscendo di stare comodo in una landing position o all’estremo opposto mollando tutto. Ma in generale so bene che il mondo non cambierà nel breve, ma nemmeno nel lungo termine: i ragazzini che vedo arrivare in ufficio hanno tanta e più ambizione di quanto avevo io 20 anni fa o la generazione precedente 40 anni fa.

Cosa dovrei fare? Andare da loro e dire “la carriera è sopravvalutata, dedicatevi invece a fare figli”? Sarei visto come il solito vecchio fallito che ha scoperto le gioie del matrimonio da quarantenne. Molti ci arriveranno da soli: spero per loro un po’ più velocemente, acquisendo consapevolezza di sé e dei propri limiti prima di diventare vecchi falliti a loro volta. Forse la pandemia è stata un acceleratore per alcuni di loro, poi tornerà tutto come prima.

20 anni di Cuccia

14 Ottobre 2021

Venti anni fa, il 14 ottobre come oggi, nasceva La Cuccia di ex-xxcz. Non era certo il primo blog in Italia; anzi, non era nemmeno un blog in senso stretto, visto che tecnicamente nasceva su una piattaforma creata per ospitare forum, FreeForumZone. Ho provato a rileggere quel post e la lunga fila di commenti successiva: il farlo solleva un turbinio di pensieri e ricordi dietro le mie parole e quelle dei miei amici. Oggi penso che se questo blog è nato sia stato anche per merito delle vicende con Monfiana.

Negli anni successivi la Cuccia finì su Splinder, che era in effetti la prima piattaforma italiana disegnata per ospitare blog. Lì ritrovai poche persone della comunità precedente, ma soprattutto iniziai a interagire con amici e conoscenti: oggi sembra ovvio farlo sui social network, ma nei primi anni 2000 la conversazione passava soprattutto da post e commenti. Quando avevo migrato i contenuti qui su WordPress dalle due piattaforme precedenti, avevo dovuto inserire a mano centinaia di interventi, per non perderli.

Nell’ultima quindicina d’anni il rapporto con questo blog si è normalizzato. Ormai mi sono stabilizzato su un articolo al mese: che è quasi nulla, ma è un modo per far vedere a me stesso prima che ai pochi lettori che questo blog ha ancora un battito. Gli argomenti sono più o meno sempre gli stessi, perché in fondo per quanto la mia vita possa cambiare sono io a essere sempre lo stesso. Non necessariamente nel bene: a volte rileggo per caso dei post su questo blog e vorrei prendermi a schiaffi da solo.

Sono pochi i blog italiani che ancora sopravvivono dopo 20 anni. Probabilmente molti di questi pensierini potrei scriverli sui social network e avere un riscontro decisamente più ampio. Ma paradossalmente la possibilità di tenere ristretti i miei pensieri in questo piccolo spazio privato, per quanto pubblicamente disponibile, mi aiuta a essere più aperto. Non posso garantire che la Cuccia esisterà sino al giorno in cui morirò: ma penso che avrà sempre una piccola priorità rispetto a tutti gli altri spazi digitali.