Troppi morti nel 2015

25 Settembre 2015

Oggi sono stato al funerale di Zia Gina, probabilmente l’ultima rappresentante della sua generazione all’interno della mia famiglia. Era la sorella di mio nonno paterno, quindi condivideva il mio stesso cognome e aveva visto in prima persone le eterne migrazioni della mia famiglia. Lei aveva vissuto a Tiriolo da sempre, come una roccia, mentre tutti i suoi fratelli andavano via, mentre qualche nipote tornava a trovarla. Purtroppo l’ennesima scomparsa di questo anno orribile.

Ad aprile, ricorderete, era stato il turno della mia ultima nonna, che ci aveva salutato in coincidenza con l’arrivo della nuova cuginetta. Ora, sempre per continuare il macabro bilancio, all’uscita di scena di Zia Gina corrisponde l’ingresso in famiglia del marito di mia sorella. Non vedo l’ora che prima o poi questo equilibrio numerico si rompa in senso positivo e la famiglia ricominci a crescere con nuove nascite. Nel frattempo intorno a me continueranno comunque a morire amici e conoscenti.

A marzo era scomparso Franco, ex partner dell’agenzia creativa del gruppo cui lavoro. L’avevo rivisto negli scorsi anni nella piscina di un amico comune ed era stato un piacere avere notizie di lui, che negli anni si era lanciato in progetti avveneristici legati all’innovazione più avanzata. Non era molto vecchio, quindi mi ha lasciato sotto choc pensare a suo figlio ventenne, che aveva collaborato con me in stage qualche anno fa, ora orfano di un padre così istrionico ma dolce a modo suo.

Uno dei salti sulla sedia più forti dell’anno è stato a luglio, quando in maniera del tutto inaspettata è morto Marco Scudeletti, per gli amici “virtuali” e non MarcoScud. Non era un ragazzino, eppure il suo essere sempre così presente in Rete con le sue foto e le sue parole lo rendeva all’apparenza immortale. Invece se ne è andato lasciandoci un vuoto enorme e, cosa dall’esterno inaspettata per un ultrasettantenne, creando un certo sconquasso nella comunità dei graffitari milanesi.

Ad agosto invece è morto a 48 anni S., di cui avevo parlato qui raccontando la sua vita da consulente tombeur de femmes. Nel frattempo negli anni più che le sue scorribande in barca a vela il tema dominante della sua vita è stata la lotta contro il cancro, comune a molti altri fumatori. Mi si accappona la pelle a pensare di iniziare un calvario simile tra 4-5 anni come lui, peraltro in completa solitudine. Lo prendo come memento come e più degli altri, davvero troppi, morti di questo 2015.

Pier Vittorio Tondelli

14 Settembre 2015

Oggi Pier Vittorio Tondelli avrebbe compiuto 60 anni. Sulla stampa sono comparsi un po’ di articoli commemorativi, tendenzialmente positivi. Come spesso accade la morte cancella i ricordi e le cattive impressioni: basta scartabellare un po’ negli archivi dei maggiori quotidiani per trovare recensioni che oggi gridano decisamente vendetta. Ma perché ne parlo su un blog tendenzialmente personale? Perché Tondelli mi ha un po’ cambiato la vita, da adolescente.

Ai tempi divoravo libri come principale mezzo per comprendere il mondo fuori dal mio asse di pendolare Tiriolo-Catanzaro e facevo anche attività di volontariato come mettere in ordine i libri della biblioteca comunale. Era un’occasione ghiotta per individuare quelli più interessanti e portarli a casa: così a occhio o leggendo la quarta di copertina, visto che Internet non esisteva.

Tra i tanti intercettai Altri libertini: probabilmente uno dei più crudi, ma anche dei più istruttivi letti in quegli anni. Bello nella struttura a racconti, fondamentale per i temi e lo stile. Dal quel libro ho imparato lo schifo della droga, il valore dei viaggi e cosa fosse l’omosessualità. Ho visto un’Emilia Romagna diversa da quella visitata in gita, ho scoperto un modo di scrivere innovativo e diretto.

Nel frattempo vedevo il nome di Tondelli apparire sui giornali come responsabile degli “under 25” di Transeuropa. La cosa era interessante: mi piaceva scrivere e quindi prima o poi, quando ne sarei stato soddisfatto, avrei potuto mandargli qualche testo. Da quel milieu stavano arrivando sul mercato Brizzi, Culicchia, Ballestra. Il loro stile in qualche modo risentiva di quello di Tondelli, o forse era l’intera letteratura italiana che stava cambiando, in diretta.

Quando verso la fine del Liceo il mio baricentro si spostò sulla biblioteca De Nobili, andai subito a cercare il nome di Pier Vittorio negli schedari. Vennero fuori Rimini e Camere separate. Li sbranai con avidità, affiancandoli a quelli di Andrea De Carlo: la mia formazione sentimentale di quegli anni passa probabilmente da quei volumi, che erano un po’ dei riferimenti ai tempi delle prime relazioni.

Oggi Pier Vittorio Tondelli manca ai suoi fan, ma penso manchi un po’ a tutta la letteratura nazionale. Ho pensato a lui quando vivevo a Reggio Emilia, vedendo in città alcuni dettagli di quelle terre descritte un quarto di secolo prima. Vorrei provare a rileggere alcuni dei suoi testi, conscio che vi ritroverei livelli di lettura ben diversi da quelli del me stesso adolescente. Che un po’ invidio, per aver vissuto in anni decisamente interessanti.