La “carriera” è sopravvalutata?

28 Novembre 2021

Fioccano gli articoli sul fatto che la “great resignation” innescata da Covid-19 sia la fine del concetto di “carriera” tanto cara a molti di noi, soprattutto nel terziario. Sostanzialmente, il punto di molti analisti è che la pandemia abbia squarciato il velo sulla bassa qualità della vita di molti lavoratori: a quel punto molti si sono guardati intorno e hanno capito che le promesse di “carriera” erano spesso fittizie. Tanto valeva mollare la barca.

Per molti è sicuramente così. Per altri, l’equilibrio lavoro/casa sperimentato durante i lockdown ha aperto nuove possibilità di passare più in tempo in famiglia. Per altri ancora, le restrizioni e la mancanza dei rituali precedenti (uno su tutti: i viaggi di lavoro) sono risultati così pesanti da essere entrati in crisi di identità. Non c’è una risposta unica a sensazioni, situazioni e compromessi inimmaginabili meno di due anni fa.

Certo, anch’io oggi penso che la carriera sia sopravvalutata, ma potreste rinfacciarmi diversi articoli di questo blog in cui fremevo di crescere professionalmente. Personalmente si è trattata di una maturazione iniziata prima del Coronavirus: è arrivata dopo un po’ di sportellate prese in faccia, ma anche dall’osservare alcune vite di colleghi e amici sacrificate sull’altare del lavoro, spesso a scapito di mogli e figli.

Quindi? Niente più carriera? Sarei ingenuo a pensarlo. Potrei pensarlo per me stesso, riconoscendo di stare comodo in una landing position o all’estremo opposto mollando tutto. Ma in generale so bene che il mondo non cambierà nel breve, ma nemmeno nel lungo termine: i ragazzini che vedo arrivare in ufficio hanno tanta e più ambizione di quanto avevo io 20 anni fa o la generazione precedente 40 anni fa.

Cosa dovrei fare? Andare da loro e dire “la carriera è sopravvalutata, dedicatevi invece a fare figli”? Sarei visto come il solito vecchio fallito che ha scoperto le gioie del matrimonio da quarantenne. Molti ci arriveranno da soli: spero per loro un po’ più velocemente, acquisendo consapevolezza di sé e dei propri limiti prima di diventare vecchi falliti a loro volta. Forse la pandemia è stata un acceleratore per alcuni di loro, poi tornerà tutto come prima.