Venti anni fa

20 Agosto 2006

Negli anni Ottanta Rai Tre trasmetteva spesso delle strisce interessanti: si chiamavano “20 anni fa” e riproponevano spezzoni della TV degli anni Sessanta, Carosello e telegiornali in primis. Quella realtà in bianco e nero del sogno economico italiano sembrava lontanissima: erano gli anni felici del Dopoguerra e noi invece eravamo alle prese con gli ultimi bagliori della Guerra fredda. Adesso, parlare di venti anni fa vuol dire riguardare esattamente ad allora, proprio a quegli anni di edonismo imperante e pettinature cotonate. Stavolta, avendoli vissuti, non sembrano poi così lontani.

Di fatto, ogni discorso della settimana in Calabria appena conclusa verteva sul passato: su venti o su quindici o su dieci anni fa. Gli anni Ottanta si stagliano come gli anni dell’infanzia ma per tante cose rimangono impressi nella memoria; gli anni Novanta sono quelli dell’adolescenza e pur cercando di non pensare alla pessima esperienza da liceale pendolare, rappresentano un pezzo importantissimo della mia vita, il passaggio dalle scuole medie all’Università. Negli anni Ottanta sognavo con i miti televisivi, negli anni Novanta con quelli musicali. Ora a malapena riesco a guardare un DVD ogni tanto, prima di crollare a dormire distrutto dalle solite 13 ore al giorno di lavoro.

Di stimoli, effettivamente, non ne vedo tanti: per questo alla fine è un piacere venire qui e ripararsi nel passato e pensare a ciò che è stato, ma soprattutto a ciò che sarebbe potuto essere. Vivo una distopia parallela alla vita quotidiana: nulla è andato come volevo e solo in questo mondo immaginario posso immaginare cosa sarebbe successo se non avessi subito impotente certi eventi o se avessi conservato il coraggio di un tempo. Mi piace passare del tempo con la mia famiglia perché in fin dei conti a casa dei miei genitori si vive ancora come venti anni fa, quindici anni fa, dieci anni fa.

Mia sorella è in Francia e i miei più cari amici di un tempo, del Liceo e dell’Università, sono in giro per il mondo per continuare gli studi o svolgere avvincenti professioni: l’unico cretino rimasto in Italia, alla fine, sono io. Venti anni fa, la mia vita futura era fumosa, ma invitante: dieci anni fa ero all’alba dell’Università e scoppiettavo di vitalità. Ora sono preda del boulot e mi arrabbio per le frecciatine e il continuo rinfacciarmi il dovere di “sistemarmi”, mettere su famiglia e casa e lavoro stabile e le piccole cose dal dubbio gusto che farebbero contento un Gozzano dei giorni nostri.

Non doveva finire così. Fino agli anni dei Master, avevo una forza di cambiare le cose pari se non superiore a quella degli anni precedenti. Questi ultimi due anni mi hanno fiaccato, disilluso e rattristato. Tra un po’, se tengo questo passo, inizierò a invidiare follemente chi vaga per il mondo per soddisfare sogni e desideri: forse lo faccio già, ma non voglio ammetterlo. Non ho né forza né voglia di trovare strade diverse: accetto suggerimenti. Ho la brutta, bruttissima sensazione che tra 20 anni tornerò su questo post e dirò che ulteriori 20 anni sono andati sprecati. Il tempo vola decisamente veloce e io sono decisamente immobile.

Il muro di Padova

10 Agosto 2006

Osservo distrattamente le notizie riguardanti l’innalzamento di un muro per separare cittadini locali e stranieri: immagino sia una delle solite notizie da paesi mediorientali ed ammetto a malincuore che non mi desta particolare turbamento. Posso solo stimare il livello di tensione in quei Paesi e suppongo che una misura così drastica sia solo un tassello come tanti altri per cercare di elevare una difesa quando non è più possibile costruire un dialogo. Noto l’insistenza dei media e provo ad approfondire la notizia: orrore, si parla di Italia e si parla addirittura della “mia” Padova.

Leggo sul Corriere della Sera in albergo che c’è ampia convergenza tra le forze politiche: addirittura, si tratta di una misura del centrosinistra che la destra approva ed il centrodestra critica solo perché deve farlo per mestiere, non di certo per la sostanza del provvedimento. Non sono tanto il muro (che in realtà  è una recinzione in ferro facilmente scavalcabile, visto che è alta solo 3 metri) e la sua bruttezza di per sé che colpiscono, quanto il senso di resa che l’iniziativa comunica: Zanonato ed i suoi di fatto stanno ammettendo di non riuscire a gestire Via Anelli e dintorni e perciò provano a separare grano ed erbe cattive. Anche se, a quanto vedo, la differenza tra gramigna e raccolto è meno chiara di quanto sembri.

La ricordo sempre con piacere, Padova. Anni stupendi, visti a posteriori, vissuti in una bella città : la Cuccia testimonia solo l’ultima parte di quell’esperienza, ma sono soprattutto i precedenti anni di frequenza attiva dell’Università  ad essere rimasti nel cuore. Esperienza consigliata a tutti: vivere cinque anni in una città  a misura di studente, frequentando un Ateneo obiettivamente di alta qualità . Mi domando cosa penseranno le potenziali matricole che in questa estate stanno scegliendo la città  che cambierà  la loro vita, ascoltando fatti di cronaca così biechi.

Padova non è New York e Via Anelli non è un Bronx da ghettizzare. Si tratta di una città  tranquilla che dopo gli anni da potenziale capitale del leggendario Nord Est del sogno industrial – familiare, ora sconta un tessuto economico forse troppo concentrato su Università , rete ospedaliera ed una Banca che per un anno di seguito è stata protagonista delle colonne di cronaca e costume piuttosto che delle pagine economiche. Per quanto possa essere brutto da dire, lo spaccio di droga è uno dei pochi settori economici che può garantire alle migliaia di immigrati uno scambio economico con gli abitanti locali, visto che le fabbriche chiudono e la già  nota diffidenza degli esercenti padovani sta arrivando a livelli di record.

Nei prossimi giorni mio padre incornicerà  la mia Laurea e quella di mia sorella, conseguita a Venezia. Quando guarderò la mia pergamena intarsiata, preferirò ricordare lo studio a Prato della Valle piuttosto che le notizie di questi giorni. Per chi passa da qui cercando informazioni su Scienze della Comunicazione a Padova o in generale sull’Università  di Padova, solo un consiglio: non lasciatevi ingannare, affrontate con coraggio la bella esperienza che potete vivere e godete di una delle città  più belle e vive di Italia. Non si tratterà  di chiudere gli occhi ed ignorare quanto succede in periferia: ma siate grano puro e la gramigna non vi scalfirà .