Devo dire che, dopo il famigerato post su trentenni & storie d’amore e le relative discussioni (private) che ne sono scaturite, non ho più raccontato di storie altrui. Questa però merita ed ho chiesto consenso esplicito al protagonista maschile: non ho chiamato il post “storie di ventenni” perché riguarda una sola coppia, ma la ritengo significativa di un mondo che cambia, in termini di sentimenti e definizioni sociali. In ogni caso, si tratta di una storia di carattere decisamente più positivo di quelle raccontate quasi un anno fa. Chissà che la prossima generazione di trentenni sia più matura della precedente.

Il mio racconto inizia nei corridoi della Banca: vedo C., non ancora trenta anni ma di certo da un pezzo abbondantemente oltre i venti, che digita furiosamente SMS. Digita, digita, digita, digita. Butto lì: «Ma tu non eri quello che odiava gli SMS?» e lui, con una smorfia di dolore quasi fisico, dice «Eeeeh, mi sta venendo il tunnel carpale se continuo così!». Ridacchiamo insieme e torno alla mia scrivania. L’episodio mi torna in mente qualche giorno dopo quando incontro C. per strada con una faccia vistosamente ebete. Facciamo un pezzo di strada verso la Banca insieme e così, pungolandolo per quanto possibile visto il rapporto tutto sommato formale che ci lega, riesco ad estorcergli qualche dettaglio.

C. è un fiume in piena. In 5 minuti pronuncia 97.302 parole per spiegarmi il perché degli SMS chilometrici (cosa di per sé surreale, ma soprassediamo) e della faccia ebete: è innamorato. Si tratta, a sentire la sua descrizione, di una specie di donna perfetta: intelligente, carina, sexy, affettuosa e via elencando una serie improbabile di aggettivi di carattere decisamente positivo. Mi accenna all’inizio della loro storia: si sono conosciuti via Internet, poi sono passati al telefono ed agli incontri dal vivo. Io a sentirlo ho un momento di tristezza ripensando a Monfiana, ma questa è un’altra storia di ventenni.

Fin qui, bisogna dire, nulla di speciale: di coppie su Internet ne nascono tante ed effettivamente C. ha ragione, sono coppie fortunate, perché si conoscono prima in quanto persone e poi (eventualmente) per il loro aspetto fisico. La storia però ha un colpo di scena: quando chiedo a C. come si chiama la sua nuova fidanzata, C. rimane interdetto e ci tiene a precisare «E. NON è la mia fidanzata: è la mia pseudo-morosa». Rimango interdetto a mia volta, sorrido e chiedo chiarimenti: C. diventa serio e prova a definire il rapporto; non ci riesce in pieno, ma offre spunti interessanti…

La tesi di C. (e di E., immagino) è che il loro rapporto trascenda le etichette sociali. Che loro stanno bene così, che vogliono crescere insieme ed imparare a conoscere le cose della vita quotidiana senza aspettare che la società riconosca il loro status di “fidanzati”. Che in questo momento E. non lo angoscia con richieste pressanti di matrimonio (fortunato lui ), ma solo con un accordo esplicito: rispettarsi fino alla fine dei giorni, non tradendo la fiducia reciproca ed il sentimento che sta rapidamente crescendo tra loro. Li ho decisamente invidiati: saranno anche ventenni, ma dimostrano una maturità ed un’intensità di sentimenti che vorrei vivere io tra dieci, venti, cinquanta anni.



11 Comments to “La strana storia degli pseudo-morosi”

  1. Treccia | Settembre 4th, 2007 at 11:38

    Lo spero bene che non lo opprima con pressanti richieste di matrimonio, da quant’è che si frequentano? Quanti anni hanno?

    Il matrimonio è un’istituzione molto seria e quando si arriva a parlarne è perchè si tiene fortemente a costruire un qualcosa di importante con la persona che si ha al proprio fianco.

    Probabilmente se, dopo alcuni anni di relazione non si arrivasse a parlare di tale passo, sarebbe il caso di rivedere quel rapporto (e lo dico da persona che, pur frequentando da un anno un altra persona, non ha alcuna intenzione di pensare al matrimonio)

  2. ex-xxcz | Settembre 4th, 2007 at 11:55

    Riflessione corretta, in effetti.

    La pseudo-storia mi sembra di capire sia ancora all’inizio della frequentazione dal vivo dopo svariato tempo di relazioni “virtuali”, ma ciò che mi ha colpito veramente è vedere quanto C. sia innamorato, in termini di quantità e qualità di ciò che gli si legge negli occhi.

    Immagino che il matrimonio sarà un argomento che i nostri due eroi affronteranno in maniera naturale e non traumatica se e quando ne avranno l’occasione. O almeno auguro loro che tutto resti così onirico fin quando affronteranno con serietà tematiche tanto serie.

  3. SuperCopy | Settembre 4th, 2007 at 12:51

    Uhm, un’amica marchigiana mi ha sempre preso in giro perché su al nord usiamo il termine “moroso”. Dice “moroso” da me è uno che non paga.

  4. Titì | Settembre 4th, 2007 at 12:56

    All’inizio è tutto così semplice…

  5. ex-xxcz | Settembre 4th, 2007 at 14:24

    Eh lo so, Tì. Ma proprio perché dopo “diventa difficile” è importante sentirsi vicini da subito e sempre di più, no?

    SuperCopy: il termine “moroso” trova riscontro anche nel mio vocabolario dei tempi dell’Università di Padova, ma non so se ci sia un termine locale più preciso qui a Bergamo. I giovani bancari (maschi) di Brescia dicono “la mia gnara”, ma i loro colleghi bergamaschi non sembrano molto convinti.

  6. Passeroad | Settembre 4th, 2007 at 20:02

    Comportamento semplice che dovrebbe essere naturale.

    Quando comincia la preoccupazione di definirsi in base alle etichette diventa dura.

  7. Marco | Settembre 6th, 2007 at 15:38

    Evitiamo di postare accuratamente va’…
    Limitiamoci a fare gli auguri a questi giovani amici.

    PS: e se vuoi una ricetta per passare indenne dalle richieste pressanti di matrimonio, fammelo sapere.

  8. parolina | Settembre 6th, 2007 at 17:42

    Premetto che sono un po’ acida. Ma sarei pronta a scommettere che la ragazza abbozza: perché sa che definirsi una coppia è quello che terrorizza, e vai a capire perché, i quasitrentenni di oggi (e anche i quasiquarantenni, che mi fanno diventare acida).

    Io penso che sarebbe meraviglioso invece, e maturo, definirsi una coppia di fidanzati senza pensare che essere fidanzati sia una prigione

  9. ex-xxcz | Settembre 6th, 2007 at 17:49

    Beh anche questa è una lettura interessante. Quindi dici che è la ragazza a non essere sicura dei suoi sentimenti e che lui non ha il coraggio di chiedere un chiarimento?

    Riguardo alle etichette, concordo con Passeroad: i problemi, quali essi siano, iniziano quando l’etichetta diventa necessaria. E da “necessaria” a “prigione”, il passo è meno lungo del previsto.

    Poveri C. ed E., sai come fischieranno le loro orecchie! 🙂

  10. Treccia | Settembre 7th, 2007 at 08:56

    Si sono messi insieme da poco, per cui è normale non parlare di matrimonio. Al più lo si sogna e se ne parla in maniera fantastica («Pensa a quando avremo due figlie e saremo impegnatissimi a corrergli dietro»). Sarebbe alquanto prematuro affrontare l’argomento in questo momento.

    I sentimenti crescono o diminuiscono con la frequentazione.

    Se son rose fioriranno.

  11. Annarella | Settembre 10th, 2007 at 23:46

    Mumble un’etichetta non so se sia una prigione o un modo di definire cosa succeda e quale sia la situazione.

    Ihmo quando sei cotto marcio hai il terrore delle etichette perché, in realtà, hai paura di pensare che il grande-amore-eterno possa essere una cotta, un’infatuazione, passione. Qualcosa di diverso dal sogno insomma.

    La prigione la vedo invece quando i progetti invece di essere comuni differiscono e ci si ostina a tenere in piedi qualcosa sia per paura di rimanere da soli o di affrontare il fatto che bisogna ricominciare.

Leave a Comment