State in guardia, vegliate, poiché non sapete quando sarà quel momento

31 Luglio 2009

La citazione del titolo è tratta dal Vangelo di Marco (13:33). Non è che sia improvvisamente diventato un esegeta biblico: è che nelle ultime settimane mi è venuta in mente più di una volta. Mentre sei spalmato immobile sul letto non è che tu possa fare granché: pensi. Rifletti su ciò che ti è successo e su come evolverà il dolore, pensi che poteva andarti peggio e anche che poteva non succedere affatto. I fatti ormai sono noti, le riflessioni no: per questo provo a scrivere questo post con una mano sola. La destra, fortunatamente.

Non sapete quando sarà quel momento, si diceva. Se ci pensate, può essere uno dei driver dell’intera esistenza. Il confronto con ciò che non si conosce, mixato con l’imprevedibilità e l’inesorabilità. Tu sei per strada e sei di buon umore, dieci secondi dopo sei per terra a urlare di dolore. Mi è andata bene: in fin dei conti in un paio di mesi dall’incidente le cose dovrebbero andare meglio. Ma cosa sarebbe successo se avessi avuto, ad esempio, un incidente stradale? O un infortunio sul lavoro mortale, come tanti ogni giorno in Italia?

Più di una volta qui sulla Cuccia ho parlato dell’attesa spasmodica di “segni” che in qualche modo mi aiutassero a capire se le mie scelte e le mie prospettive fossero giuste o, magari in seguito ai “segni” stessi, dovessero cambiare. Esser malamente caduto per strada dopo un lungo colloquio di lavoro potrebbe essere un “segno”, o forse no. Sicuramente comunque questi giorni di riposo forzato mi hanno costretto a riflettere su passato, presente e soprattutto futuro. Non è che ora abbia tante risposte in più, ma almeno ho meno domande.

In qualche modo sono arrivato alla conclusione che, in questo terribile 2009, sto comunque facendo un buon numero di scelte giuste. Siamo ormai a 2/3 dell’anno e spero vivamente che il 2010 sia (molto) migliore: la vena di ottimismo, spalla rotta pernettendo, sta nel fatto che potrei iniziare il nuovo anno con prospettive lavorative diverse, eventualmente accompagnate da una nuova casa. Sono piccoli traguardi, ma che mi permettono di stare in guardia e vegliare. Poi non so cosa succederà e quando, ma almeno sarò pronto a reagire.

Voglia di musica, voglia di silenzio

8 Luglio 2009

Ieri sera pensavo di avere le illusioni sonore (cugine poco conosciute delle illusioni ottiche): scribacchiavo sul PC e nel frattempo sentivo il vocione di Bono Vox intonare One. Dopo un po’ ho realizzato che era la sera del concerto a San Siro e quindi poteva essere un vicino che stava ascoltando il concerto in TV (?) col volume a palla. Stasera invece ho perso l’autobus ed ho dovuto fare un paio di kilometri a piedi… E ho capito che la voce che sentivo era proprio quella dal vivo del cantante degli U2. Il che è quantomeno strano, visto che ero a qualche kilometro in linea d’aria dallo stadio.

La cosa all’inizio mi ha divertito, poi è subentrata la saudade. Oggi è stata infatti una giornata di discussioni intense sul mio passato recente e così giù ricordi su ricordi, legati alle parole e alla musica, alla vita quotidiana che non c’è più ed alla vita straordinaria che si respira in quei momenti meravigliosi che sono i concerti. Avrei voglia di un nuovo concerto come quello di Giovanni Allevi di un anno fa (un anno!) o quello dei Subsonica dello scorso novembre. Avrei voglia di immergermi nella musica e nell’entusiasmo dei fan, in compagnia di una persona speciale con cui condividere una situazione speciale.

Mi piacerebbe pensare che si possa godere insieme della musica, ma anche del silenzio. Riuscire a parlare quando serve e riuscire a condividere i silenzi. Qualcosa di simile alla citazione di Simona Vinci che da un po’ di tempo circola spesso su Internet

«Le persone con cui si riesce a stare in silenzio, sono poche. La gente pensa che stare insieme voglia dire parlare e così le parole diventano panico, imbarazzo, i vuoti sono momenti da riempire. Stare in silenzio invece è pienezza, è condividere l’essenziale. La felicità è inspiegabile, è come un’acqua calma che sale dentro, muovendosi lenta, con un ritmo simile al battito del cuore.»

Voglia di musica, voglia di silenzio. Esigenze solo apparentemente lontane, esigenze accomunate da un desiderio di serenità. Solo chi è insicuro di sé ha voglia di parlare anche quando non serve; altri pensano che parlare tanto equivalga automaticamente a risolvere tutti i problemi, specie in questo periodo di crisi collettiva. Per quanto mi riguarda, sono stati mesi difficili e spero che le vacanze mi aiutino da un lato a riprendermi fisicamente (mi son stancato di continuare a portare valigie), ma soprattutto dal punto di vista psicologico. Certo, sarebbe bello che ci fosse la musica. E il silenzio.