Addio, Nizza

30 Giugno 2004

Sono in partenza: lascio, penso definitivamente, Nizza. Ero venuto qui con molte speranze: me ne torno con un inglese migliorato, un amico indiano e tanti vestiti, macchine fotografiche, soldi etc. in meno. Come Jeanette, continuerò ad amare questa città, ma dopo 3 furti in un anno solare, un’ustione ed altri (s)piacevoli inconvenienti, ho preso tutto ciò come segno del destino: non sono molto desiderato da queste parti…

Stasera andrò a Torino, per un’altra notte in albergo: da una parte temo non sarà l’ultima, dall’altra lo spero. In qualche modo, vorrebbe dire muoversi invece di ammuffire in Calabria. Avrei tante cose da fare ma suppongo non ne farò nessuna, visto che non avrò una connessione decente.

Ho passato la mattina, la sera e la notte di ieri e poi stamattina a fare bagagli e bagaglini. Mi ritrovo con:

  • una valigia grande con le rotelline (la solita, reduce dal nido delle formiche in India e dallo scolorimento dovuto allo stare sul balcone di Nizza);
  • un borsone nero pieno di pentole e cibarie (le lascerò a Giuggiola);
  • un bel borsone verde gentilmente prestato da Giuggiola, senza tracolla (aaaargh!);
  • la 24 ore col PC ed altre amenità;
  • uno zaino Tucano carico di carta (e quindi pesantuccio);
  • uno zaino Invicta pieno di roba da lasciare a Torino;
  • una bustona contenente abito per domani e altre chicche utili nelle prossime ore.

Domanda: come fa un solo ragazzotto di 60 e spicci kili a portare tutto ciò? Non so, se penso che devo anche cambiare treno a Ventimiglia (come minimo), mi sento male… Per ora ho solo le dita delle mani spellate per chiudere il valigione.

Aspettando Giuggiola

24 Giugno 2004

Pare che Giuggiola apra periodicamente la Cuccia con la speranza di trovare un post con questo titolo in cui io dichiari tutto il mio amore per lei. Ci vuole poco a rendere felici le persone, eh…

Effettivamente oggi aspetto davvero Giuggiola. Arriverà  domani, con qualche ora di anticipo rispetto al solito, per passare l’ultimo week-end insieme a Nizza. Da queste parti tira aria di smobilitazione: ieri è partito Gopal, pochi minuti fa ho salutato due delle cinesine e così via. I padroni della mia sfortunata Giuggiolandia nizzarda reclamano la restituzione per il 30 giugno esatto (mah…) e così anch’io devo iniziare a pensare a come organizzarmi.

Il problemino -ino -ino è che non so dove andare. Nessuna novità  lavorativa, così con tanta perplessità  nei giorni scorsi guardavo l’orario dei treni. Temo di dover andarmene dai miei a tempo indeterminato: l’unica soluzione “economica”. Certo, per chi vive da solo dalla tenera età  di 18 anni non è un granché dover tornare indietro…

Voltare pagina (ma cosa c’è dopo?)

18 Giugno 2004

Che mi piaccia vivere a doppia (anche tripla) velocità è noto a chi mi segue ormai da parecchi anni in giro per la Rete. Tuttavia, di solito i suddetti sapranno anche che, nonostante i vari cambi di rotta degli ultimi anni, di solito ho sempre avuto un ventaglio di scelte.

Quando ero in India, Psy lo ricorderà bene, aggiornavo La Cuccia versione FreeForumZone con le mie avventure intercontinentali e nel frattempo aspettavo una risposta da Bologna, Pisa, Torino. In ogni caso sapevo bene che avrei fatto un Master in Italia: la città faceva poca differenza. Qualche anno prima era stata la stessa cosa: avevo deciso fermamente di iscrivermi a Scienze della Comunicazione. C’erano i test ovunque in Italia e alla fine l’avevo spuntata a Padova. Forse anche a Torino, ma non ho mai voluto controllare i risultati: ci sarei arrivato 5 anni dopo, per l’MBA.

Ora eccomi qui, a voltare l’ennesima pagina. Oggi esami scritto/orale di francese, lunedì gli ultimi due e poi qualche essay da consegnare nelle ore successive. Si annunciano feste varie e tutti chiedono e-mail/numero di telefono/data di nascita (!) a tutti. I miei colleghi sono molto giovani (pressoché tutti nati dal 1980 in poi) e per loro un’internship sarebbe la manna dal cielo. Io arrivo da qualche anno di esperienza come Web Project Manager ed eviterei volentieri di spendere ulteriori mesi gratis. Spendere del tempo, anche perché il denaro è finito (ed il furto dei soldi che mi erano stati portati in soccorso è stata la mazzata definitiva).

Ho trovato un colloquio con una società on line inglese/maltese/svedese specializzata in scommesse sportive. Domenica scorsa ho dormito a Milano e lunedì mattina ho incontrato il manager (norvegese) in un albergo vicino alla stazione. Colloquio interessante: l’head hunter svedese ci aveva selezionati in 9 su 150 candidature. Il bel norvegese (e non sono gay) sta in queste ore scegliendone 3 e ovviamente alla fine deciderà per uno solo, che diventerà Marketing and Communication Manager di quel sito per l’Italia. Che poi, in realtà, mi sembra più un ruolo di consulenza che altro, visto che la responsabilità di aprire una sorta di filiale italiana sarebbe mia.

Lunedì sera mi sono stampato un viaggio di 8 ore da Milano a Nizza e non so di augurarmelo di nuovo per l’eventuale secondo round di interviste. Il tipo ci ha chiesto un marketing plan per oggi, così ieri sera l’ho buttato giù e l’ho inviato. Il problema, fondamentalmente, è che non mi garba tanto lavorare in questo campo, per di più a Milano. Vedremo il feedback.

Il punto è: quali sono le altre alternative? Ho continuato a dare un’occhiata alle offerte di lavoro, ma probabilmente l’arrivo dell’estate sta facendo scendere di molto la qualità media degli annunci. Qualcosa mi dice che finirò ad elemosinare un’internship al Coordinamento del Master torinese.

OK, stavolta sarò ottimista. Ma in cosa dovrebbe consistere, il mio ottimismo?

Giornata nazionale della depressione a Giuggiolandia

9 Giugno 2004

Questo è il punto più basso: posso solo risalire. Ecco è il pensierino serale mentre aspetto che come ogni sera il custode venga a portarmi via con la forza dall’Edhec e quando inizio ad assaporare la consueta mezz’oretta di attesa alla fermata causa autobus mai passati o persi. Nel frattempo, dunque, scribacchio in giro per il Web e butto qui qualche riflessione a margine di questa giornata di depressione.

I miei amichetti del Master sono a casa di Serge, uno dei 3 colleghi francesi, a fare una specie di festa di fine corso. Temo di essere l’unico assente. Il punto è che non sono proprio dell’umore di festeggiare. Festeggiare cosa? Rileggo qua sotto cosa mi è successo una settimana fa, come se l’avessi dimenticato. No, direi proprio di no. Rimane del tutto indimenticabile. Temo macchierà  definitivamente quest’esperienza a Nizza.

In questi giorni, fondamentalmente, avevo subcoscientemente cercato di rinviare il momento di pensare a ciò che mi era successo. Il lavoro di gruppo cui accennavo nel lavoro precedente mi ha occupato notte e giorno e si è concluso con una presentazione da 18/20 ieri mattina. Vittoria di Pirro, direi. L’arrivo di Giuggiola nel week-end mi aveva fatto venire voglia di rannicchiarmi nelle sue braccia protettive. Peccato che è stata con me poco più di 24 ore…

La serenità  giuggiolesca mi ha procurato un’illuminazione: come accennavo nei commenti nei giorni scorsi, ripensando alle condizioni della porta al mio arrivo, i sospetti cadono tutti sulla coppia di portieri. Immagino che questi due geni del crimine abbiano aperto, rubato e chiuso la porta con le chiavi in dotazione, poi hanno forzato la porta per dimostrare un furto. Suppongo che abbiano anche pulito la segatura dal pavimento, visto che nonostante i notevoli pezzi mancanti alla porta, nulla era rimasto al mio arrivo. Questa idea che siano stati loro mi ha gettato ulteriormente nello sconforto: ora che ho un’idea dei criminali da strapazzo, mi sento impotente nel non poter fare loro nulla.

Ma ciò che mi fa sentire di più una specie di cucciolo terrorizzato è l’idea che anche stasera andrò a casa ed uscito dall’ascensore girerò a destra sperando di non vedere cose di cui non ho nessuna voglia. L’idea di fondo è che non è finita qui, se i tizi si imbizzarriscono potrebbero sempre tornare. Non so a prendere cosa: ogni giorno scopro qualcosa in più che manca, oggi è il turno della webcam regalo di laurea di mia sorella e fidanzato. Inutile dirlo: mai usata.

Stamattina sono rimasto a casa per lavare pentolame arretrato e scrivere due righe in risposta ad uno stupido compitino di European Business Law: ogni volta che qualcuno si avvicinava alla mia porta, trasalivo. La portiera è venuta a pulire alle 10 e l’ho intuito dai colpi che dava con la scopa alla porta. Io stavo in silenzio e quindi suppongo che avrà  detto “come al solito, il pollo è uscito alle 9″… D’altra parte, mi vede ogni mattina alla stessa ora: stranamente, ieri sono uscito alle 8 e lei era sempre là a pulire i vetri del portone del palazzo vicino, dove abita. Esattamente come fa ogni giorno, un’ora dopo. Eh?

Vabbé, ormai è ora di lasciare l’Edhec. Chissà  come sta andando il party in piscina. Spero si divertano. La mia festa sarà  quando riuscirò a scappare da questo affascinante inferno nizzardo e non dovrò più tremare nell’uscire dall’ascensore.

Furto con scasso

4 Giugno 2004

Ieri sera stavo scrivendo un post sulla Cuccia: il PC è crollato e la nuova moda all’Edhec (da questa settimana) è che chiudono prima, alle 21. Cosà ho aspettato un’infinità  l’autobus come al solito, ho fatto il mio viaggetto ed eccomi a casa.

Strano: la porta è stata evidentemente forzata. Tiro un sospiro di sollievo: la doppia mandata sembra aver funzionato e così osservo perplesso la chiave che fa fatica ad aprire. Penso: vabbé, dovrò chiamare qualcuno per farla aggiustare e magari domattina perderò la lezione di francese.

Poi mi incammino nel mini – mini – appartamento e tutto sembra come al solito. Il cassetto della scrivania, però, è chiuso storto. Strano.

Lo apro, osservo il contenuto disordinato e poi trovo il portafogli. VUOTO. Tutti i soldini che mi avevano portato in dono i miei (anche da parte di tutta la parentela) ed i miei (ritirati in banca per pagare il cibo per mia sorella) spariti: fino all’ultimo centesimo, anche l’ultima monetina.

Mi sembra di svenire. OK, sarà  uno dei soliti incubi notturni. Ma quando finisce? Non finisce.

Mi guardo intorno e noto tanti piccoli elementi che mostrano che qualcuno ha violato le mura di Giuggiolandia. Fortunatamente sembrano mancare poche cose. Stamattina, tuttavia, scoprirò che hanno rubato anche il mio completo Sisley, la mia camicia nuova (da completo, appunto) regalo di Natale di mia madre, i miei maledettissimi pantaloni di Dolce & Gabbana, che mio padre mi ha regalato qualche tempo fa: avevo sempre rinviato la prima volta per indossarli.

Cosà, ieri notte, non ho minimamente badato al fatto che avevo promesso ai miei colleghi di preparare la presentazione da discutere oggi ed inviare al professore. Piuttosto, ho chiamato il numero internazionale di emergenza (il 112), dove mi hanno detto di non poter fare nulla e di chiamare lo 07 (numero della polizia). L’operatore continuava solo a dire “C’est pas grave, c’est pas grave” e che non potevano far nulla di notte ed io precipitavo nel vuoto. Unico suggerimento: chiamare la loro serrurerie di fiducia per riparare il danno.

A questo punto ho socchiuso la porta (tanto…) e sono andato a telefonare dalla cabina alla povera Giuggiola, che aveva intuito chissà  come che stava succedendo qualcosa di brutto, quindi all’artigiano di fiducia della polizia (nessuna risposta) e ad uno di cui avevo un flyer pubblicitario. Risponde la segreteria di quest’ultimo: lasciare i dati, mi richiameranno.

Dopo svariato tempo, si manifesta telefonicamente un centro di soccorso artigianale (?) che promette l’arrivo di un collega specializzato in serrature. Arrivano un omino con la sigaretta ed un giovanotto dallo sguardo moooolto intelligente. Riparano il tutto (si fa per dire: cambiano solo il bussolotto, fondamentalmente) in 10 minuti e mi chiedono la modica cifra di 182 Euro.

Avevo appena detto al tipo che mi avevano rubato TUTTO. Si è arrabbiato, ed è andato a smontare il bussolotto appena montato. Ho implorato pietà  e dato in pegno la mia carta d’identità  in cambio di un appuntamento per oggi all’ora di pranzo. Andati via i due geni (ma quanto guadagneranno, in un mese?), metto il notebook al collo e mi incammino verso il commissariato principale della Polizia, a qualche kilometro di distanza. Sulla strada chiamo la povera proprietaria di casa, che dopo la porta sul balcone, la fogna scoppiata ed altre amenità  ormai starà  meditando di regalarmi (e regalarsi) un cornetto rosso.

Provo a prelevare soldi con le carte di credito superstiti: niente da fare, i PIN risultano sbagliati. Arrivato alla Polizia, apprendo solamente che dovrò chiamare lo 07 di mattina e chiedere una perizia della polizia scientifica. Passo una notte maledetta e stamattina eseguo questa istruzione: arrivano due buffi personaggi (un uomo dall’apparenza di un idraulico ed una ragazzina ventenne) che rilevano le impronte sul mobiletto sotto il lavabo della cucina. Ma come? Il portafoglio era dall’altra parte della casa e non penso che ad un ladro interessi tanto cosa tengo sotto il lavello!

Mi scrivono su un foglio gli indirizzi dei 2 commissariati minori più vicini, per fare denuncia. Vado a quello che è sulla strada abituale per l’Edhec. Come al solito, si prendono gioco di me (perché odiano tanto gli italiani?) e cercano di mandarmi all’altro. Alla fine, tra una risata e l’altra (?) raccolgono la denuncia. Arrivo a lezione con solo 2 ore di ritardo e poi all’ora di pranzo mi precipito a casa a vedere se il fabbro ha visto il mio biglietto (effettivamente è sparito) che rimandava l’appuntamento a mezzogiorno e mezzo di domani, quando Giuggiola dovrebbe prestarmi i soldini.

Riflessioni a posteriori: quanti sogni sprecati, quanto lavoro sprecato. Se penso che, sommando il valore dei contanti rubati, il costo della serratura ed il valore degli oggetti (dei vestiti nuovi, in particolare), arrivo ad una cifra simile allo stipendio mensile netto dei miei genitori sommati, cado nella disperazione. Immagino ‘sti 2 poveri cristi che si alzano prima delle 6 del mattino ogni santo giorno, vanno al lavoro e magari tornano alle 8 di sera a casa: mi domando davvero cosa abbiamo fatto di male.

Non siamo una maledetta famiglia straricca. Siamo una famiglia di gente che lavora e che ogni cosa la suda. I pantaloni di Dolce & Gabbana ne solo il simbolo: un regalo sudato, costoso, che custodivo per un momento importante, probabilmente il primo capo “firmato” della mia vita. Sono spariti cosà, nel nulla. Anche i contanti stessi sono un buon emblema: li volevo utilizzare per pagare l’affitto di giugno ma soprattutto per regalare a Giuggiola il nostro tanto sognato week-end a Parigi, rinviato (era un regalo di Natale all’inizio!) dal dicembre scorso. Si conferma poi la mia antipatia per i contanti: di solito pago tutto con la carta di credito e da ieri ne sono ancora più convinto.

Mi viene solo da chiedere: perché io? Se il ladro in questione legge la Cuccia, potrebbe gentilmente commentare? Potrebbe spiegarmi come sia possibile che esattamente il giorno in cui lascio a casa un po’ di contanti per la prima volta in vita mia è esattamente quello in cui lui è venuto? Come faceva a saperlo? Giuggiolandia mi sembra violata ben più di quando era venuto lo spurgatore a levare il macello del WC. Ora è una violazione invisibile, ma più dolorosa. Ed in più m i sento osservato, spiato. Come facevano a sapere TUTTO della mia vita? OK leggere la Cuccia, ma non mi pare che avessi mai dato segni di un mio particolare benessere economico (anzi…) o dei miei movimenti negli scorsi giorni.

Se qualche altro ladro potenziale legge questo blog: lasciate stare casa mia, qualcuno ha già  provveduto. Non ho più niente da darvi se non qualche pacco di biscotti.