Spotify l’avevo provato nel 2013: volevo provare ad ascoltare una canzone sul cellulare e avevo pensato che funzionasse maluccio, visto che le canzoni che mi venivano proposte erano random e poi dopo, eventualmente, seguite da quella cercata da me. Da allora sostanzialmente non avevo più utilizzato l’app e anche su desktop avevo giusto buttato un occhio distratto. Poi quello strampalatone di Liberato ha pubblicato il suo album praticamente solo là. Mi hanno incuriosito soprattutto i commenti di YouTube ai suoi video, che parlavano di canzoni “diverse”, sicuramente più complete, rispetto agli abbozzi sentiti soprattutto coi suoi rilasci di maggio 2019. Non avevo molte scelte: ho rispolverato l’app di Spotify e ho deciso di darle una seconda opportunità.

Complice anche un aumento considerevole dei GB sul cellulare aziendale, ho iniziato ad ascoltare il disco di Liberato con ‘sta benedetta “riproduzione casuale” su smartphone; poi più serenamente dall’app per Windows. Il disco mi è piaciuto e ho iniziato anche a capire meglio il meccanismo di funzionamento per chi non sottoscrive l’abbonamento “premium”. Sicuramente funziona meglio per ascoltare un disco che una singola canzone: è vero che i brani vengono intervallati da 1-2 pezzi di altri e da 1-2 spot, ma permette anche di fare scoperte interessanti, soprattutto in logica-Pollicinor. All’inizio ero abbastanza monotematico: settimane ad ascoltare solo il disco di Liberato (e i pezzi “suggeriti”) andando e venendo tra ufficio e casa, poi ho iniziato a utilizzarlo più a fondo.

Il passaggio più semplice è stato sperimentare i due artisti che avevo etichettato come “preferiti”: Casino Royale e Subsonica. Il risultato è stato grandioso, soprattutto per i primi: utilizzando 45°30′ 06.449” N 09°12′ 30.286” E in quanto unico sconosciuto, ho avuto la possibilità di spaziare per i vecchi dischi, riuscendo finalmente ad apprezzare questa benedetta “riproduzione casuale” in giro per la città (evidentemente l’algoritmo considera i Casino Royale un recinto a sé, visto che non propone mai canzoni di altri in mezzo). Qualche perplessità in più per i Subsonica, come avevo già avuto modo di scrivere; ma pare che usciranno presto con un altro disco e a questo punto sarà interessante utilizzare proprio Spotify per ascoltarlo in anteprima prima di acquistarlo.

Nelle ultime settimane mi sto sbizzarrendo con Spotify. Ho riscoperto gruppi della mia adolescenza come i Sud Sound System e i 99 Posse. Ho ascoltato dischi non ascoltati in precedenza di Ghemon, Battiato, Neffa, Motta, Agar Agar. Ho curiosato tra i dischi di Fulminacci, Jain, The Ting Things, Sofi Tukker, Sophie Ellis-Bextor. Ho ripercorso la carriera degli Offlaga Disco Pax e degli Aeroplanitaliani. Ora lo utilizzo come fonte per verificare le curiosità provenienti da stimoli esterni: un collega mi ha suggerito gli alt-J, una puntata di Glee mi ha incuriosito sul vecchissimo Rumours dei Fleetwood Mac, che Spotify propone in un’interminabile edizione “Super Deluxe”. Mi stanno venendo in mente album di cui avevo solo sentito parlare, da andare a “sperimentare”.

Il mio feedback su Spotify è dunque molto più positivo di un tempo. Vista anche l’annunciata dipartita di iTunes, lo ritengo oggi un buon metodo per ascoltare gli album non potendo accedere fisicamente alla mia raccolta di CD; per le singole canzoni ritengo migliore YouTube, anche se in tutti i modi cercano di farti passare la voglia di usarlo. Non uso mai le playlist automatiche, che ritengo debbano migliorare ancora molto: perché sì, mi piace Liberato, ma continuare a propormi ogni giorno 1-2 (!) playlist di musica neomelodica napoletana vuol dire non aver capito affatto i miei gusti. Eppure, dopo qualche mese di utilizzo e di scelte musicali per quanto eterogenee non così estreme, dal tanto decantato recommendation system mi sarei aspettato decisamente di più.



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